CINQUE ANNI DI RIPESCAGGI, SEI STORIE IMPOSSIBILI
Negli ultimi anni, ogni estate si è lasciata dietro di sé infinite polemiche per le iscrizioni ai campionati, le esclusioni ed i ripescaggi. Negli ultimi cinque anni, in particolare, sono aumentate anno dopo anno le squadre che hanno dovuto rinunciare al campionato conquistato sul campo. Nel 2000, fra serie A, B e C1 non ci furono esclusioni. In C2, il Marsala e il Saronno furono esclusi per inadempienze finanziarie, e al loro posto furono ripescati Nardò (retrocesso in D) e Taranto (secondo in un girone della serie D). Nel 2001, tutto tranquillo in A e in B, due esclusioni in C1 per inadempienze finanziarie o irregolarità di gestione (Ravenna e Savoia, appena retrocesse dalla B) e altrettante in C2 per i medesimi motivi (Atletico Catania e Juve Stabia). In C1 vi tornarono Alzano Virescit e Nocerina, retrocesse in C2 dopo aver perso i play-out; in C2 furono ripescate Fiorenzuola e Cavese, retrocesse in D dopo aver perso i play-out. Nel 2002 il terremoto coinvolge anche la serie B, con la Fiorentina che viene esclusa dopo il fallimento della società gigliata. A prendere il suo posto è la Ternana, retrocessa dalla B alla C1 come quartultima. In C1, veniva già escluso il Lecco per inadempienze finanziarie, ed erano così due i posti liberi, occupati successivamente da Carrarese (retrocessa dopo i play-out) e Alzano Virescit (secondo ripescaggio di fila, ancora dopo aver perso i play-out). In C2, veniva ripescato il Meda (retrocesso dopo i play-out) ed inserita la Florentia Viola, la società che prendeva il posto della Fiorentina. L’anno 2003 fu anomalo, in quanto la FIGC deliberò l’allargamento della B a 24 squadre. Dalla serie cadetta fu escluso il Cosenza per inadempienze finanziarie, e al suo posto non fu ripescata una squadra della C1, ma insieme alle altre tre retrocesse (Salernitana, Genoa e Catania) fu riportata in B la Fiorentina, la vincente del campionato di C2. In C1 si liberarono così cinque posti (il Cosenza fu spedito in serie D), che furono occupati da Arezzo, Fermana, Paternò, Sora (la prima retrocessa direttamente dalla C1-A alla C2, le altre tre retrocesse tutte dal girone B di C1) e dal Catanzaro, ripescato dalla C2 dopo aver perso la finale play-off. Molti i posti liberi in C2, e non solo per cinque ripescaggi in C1: Thiene, Pordenone, Poggibonsi e Gladiator furono escluse per inadempienze finanziarie mentre l’Alzano, dopo la quarta retrocessione di fila, neanche presentò domanda di iscrizione. Quattro retrocesse in D furono ripescate: Castel di Sangro, Sassuolo, Gela e Lodigiani, tutte sconfitte ai play-out; sei squadre salirono invece dalla D: Palazzolo, Bellaria, Sansovino, Tolentino, Rutigliano e Vittoria.L’anno 2004 è stato, dei cinque, il più tremendo. In serie B, escluse Napoli e Ancona, fallite poco dopo il provvedimento federale; al loro posto, Pescara e Bari, retrocesse in C1 come terzultima e quartultima. In C1 tre posti liberi in virtù dei ripescaggi delle due retrocesse e dell’esclusione della Viterbese (inadempienze finanziarie): Pavia e Prato, cadute in C2 l’una direttamente, l’altra dopo aver perso i play-out del girone A, furono riammesse. Inserito in C1 anche il Napoli, Como dapprima escluso e in seguito inserito in una C1-A a 19 squadre (nel frattempo, la FIGC aveva ripescato la Fidelis Andria, perdente i play-off di C2-C). In C2, escluse Isernia, L’Aquila, Brindisi, Meda, Varese, Palmese e Paternò. Viterbo inserita attraverso il Lodo Petrucci insieme all’Ancona, entrambe a settembre e in un C2-B a 20 squadre; ripescate sei delle nove retrocesse in D (Palazzolo, Pro Vercelli, Montevarchi, Bellaria, Imolese e Castel di Sangro). Dalla D, inoltre, dopo i play-off furono ripescate Sanremese, Potenza, Vigor Lamezia e Pro Vasto (a settembre). Molteplici, in ogni caso, le anomalie estive. I casi L’Aquila, Aglianese, Taranto, Como, Viterbo e Parma i più noti. Quattro di queste società sono in seguito fallite. Il primo caso, datato 2003, riguarda il club abruzzese. L’Aquila si salvò sul campo con una rimonta spettacolare, evitò l’ultimo posto e vinse i play-out contro il Paternò. Il Consiglio Federale del 31 luglio la escluse insieme ad altri sei sodalizi. All’Aquila risultò fatale la procedura adottata per il presunto aumento del capitale sociale previsto nell’assemblea dei soci dell’11 luglio. Una procedura particolare dal momento che l’80% della società era in mano al curatore fallimentare della Irti, professor Sandulli. Una procedura non corretta secondo i membri della Covisoc, perché non forniva le garanzie richieste per un sodalizio indebitato (quattro-cinque milioni di euro). In ballo c’erano circa 800mila euro, una somma "vagamente garantita" (secondo l’organo preposto alla vigilanza dei bilanci) da una lettera della Bcc (Banca di Credito Cooperativo) di Roma, in passato anche sponsor della squadra. Al professor Pescatore, presidente della Covisoc, fu chiesto di illustrare meglio la situazione nel tentativo di correre in aiuto delle società pericolanti. "A norma di regolamento, non c’è niente da fare", disse Pescatore, "se volete, prendetevi voi la responsabilità di iscriverle". In ballo c’era anche il Cosenza: né i silani né i marsicani furono ammessi. L’Aquila preparò ricorso al Tar Abruzzo, che dopo Ferragosto ordinò di riammettere la squadra al torneo di C1 in barba a quanto disposto dagli organi deputati a decidere. Il salva-calcio (o stoppa-Tar) eliminò il caos dei tribunali regionali, ma non vietò a L’Aquila di partecipare alla C1. Il club a campionato in corso fu messo in liquidazione, e al 30 giugno non si iscrisse al campionato di C2, in cui ci finì dopo essere retrocesso ultimo. Quella stessa estate, la FIGC iscrisse l’Aglianese alla C2 nonostante, in luogo della fideiussione bancaria richiesta (207.000 euro), presentò assegni circolari. Un escamotage che nella passata e tormentata estate ha consentito al Taranto di iscriversi nonostante mille guai. Nel Consiglio Federale del 27 luglio 2004, il presidente di Lega Macalli si oppose all’iscrizione del Taranto in C1 mentre Matarrese (Lega A-B) si astenne nella votazione. Il perché è noto. La Lega di C aveva bocciato gli assegni circolari presentati dalla società jonica mentre tutto il resto della serie C presentava regolare fideIussione bancaria, come d’altronde previsto dalle carte federali che vincolavano le iscrizioni ai campionati professionistici.C’era però il precedente dell’Aglianese, che faceva giurisprudenza. A Vasto (serie D) indicarono la società jonica come non avente diritto alla C e presentarono al Tribunale Amministrativo della Regione Lazio un ricorso per essere ripescati in luogo dei rossoblu. Che, oltretutto, erano stati bocciati in prima istanza sia dalla Lega che dalla Co.Vi.So.C. (19 luglio), prima che la Co.A.Vi.So.C. procedesse ad informare il Consiglio Federale circa la nuova – e regolare – situazione del club. Nonostante diversi pareri sfavorevoli all’interno del CF, Carraro deliberò l’iscrizione del Taranto Calcio al campionato di C1. La scelta non andò giù neanche al Palazzolo, retrocesso dalla C2 alla D ed in corsa per un ripescaggio. Il direttore generale Alberto Mori, appresa della decisione della FIGC, presentò ricorso al TAR Lazio: "Sono state riammesse società che non avevano diritto come il Taranto – disse Mori – e in secondo luogo sono stati calpestati termini perentori e indiscutibili. Il presidente della serie C, Mario Macalli, aveva assicurato che le scadenze erano tassative e che non sarebbero state concesse deroghe. Noi siamo stati ben attenti e non vogliamo lasciar passare niente: andremo fino in fondo nella battaglia". La società bresciana preparò un ricco dossier, prima di essere ripescata il 12 agosto. Quel ricorso al TAR non fu mai ritirato, e a settembre fece escludere il Viterbo Calcio, nuova società che attraverso il Lodo Petrucci fu ammessa alla C2 e contro la quale il Palazzolo si era mosso giuridicamente. Curiosa la vicenda dei laziali: esclusi dal Consiglio Federale del 27 luglio come Viterbese (per inadempienze finanziarie) e da quello del 12 agosto come Viterbo Calcio (per non aver rispettato i tempi di applicazione del Lodo Petrucci), riammessi dopo Ferragosto grazie all’Arbitrato CONI, esclusi dal TAR Lazio la prima settimana di settembre, definitivamente ammessi pochi giorni dopo in seguito ad un ricorso presentato al Consiglio di Stato. Ma torniamo al Taranto, prima di approfondire una vicenda simile a quella del Viterbo. In autunno, in seguito al crack che vide coinvolto Ermanno Pieroni, il club pugliese fu dichiarato fallito. Al tribunale si presentò Luigi Blasi, imprenditore di Manduria che costituì la Taranto Sport, società che ottenne l’affiliazione (ed il passaggio dei tesserati e dei diritti di anzianità della fallita Taranto Calcio) il 30 dicembre 2004. Il provvedimento, si legge nel comunicato ufficiale 155/A, tiene conto anche "del passato calcistico e della dimensione sportiva e calcistica della città di Taranto". Altra incredibile vicenda è quella che riguarda il Como Calcio. La Co.Vi.So.C. aveva rivelato debiti scaduti al 30 aprile 2004 nei confronti dei tesserati e di altri scaduti al 30 giugno 2004 nei confronti di Lega, FIGC ed altre società affiliate. Anche la Co.A.Vi.So.C., respingendo il ricorso dei lariani, aveva bocciato il Como. Il Consiglio Federale, rimettendosi al parere della Co.A.Vi.So.C., il 27 luglio 2004 escluse la società Como Calcio dal campionato di C1. Tuttavia, se Covisoc, Coavisoc e Lega avevano avversato l’iscrizione (e la Figc aveva ratificato), nessuno aveva fatto i conti con il geniale avvocato Chiacchio, abile a riscontrare un vizio procedurale (difetto di notifica) che consentì al Como di essere ammesso alla C1 dopo l’Arbitrato CONI. Un ricorso dell’Andria al TAR Lazio, tuttavia, escluse nuovamente (eravamo al 6 di settembre) il Como dalla C1, e la FIGC si affrettò a ripescare l’Andria. Pochi giorni dopo, il 10 settembre, il Consiglio di Stato procedette ad inserire nuovamente il Como in C1, costringendo la Lega di C ad un girone A a 19 squadre (e, analogamente per il Viterbo, un girone B di C2 a 20 squadre comprensivo anche dell’Ancona). Infine, il caso-Parma, che, in amministrazione controllata, si è salvata attraverso il decreto Marzano e passando da Parma A.C. a Parma F.C.. La procedura fu avviata il 29 giugno (in extremis per partecipare ancora al campionato di serie A) e, dopo i pareri favorevoli di Lega e Co.Vi.So.C., sia titolo sportivo che anzianità di affiliazione passarono alla nuova società, salvatasi così dalla marea di debiti che avrebbe dovuto pagare se fosse rimasta Parma A.C.. In sostanza, il passato insegna che iscriversi ai campionati non è poi così difficile, anche se non si hanno le carte in regola. I regolamenti sono facilmente aggirabili, ma la storia insegna anche che spesso chi ha cercato giustizia è stato accontentato. E che la FIGC, muovendosi spesso troppo in fretta, è stata poi costretta ad ampliare i gironi per inserirvi squadre che si sono viste riconosciute le proprie ragioni solo presso l’ultimo organo di giustizia deputato a decidere. Tutto questo a conferma che l’estate sarà calda, torrida, bollente, e che può davvero succedere di tutto senza che mai sia detta l’ultima parola.