MA IL PRESIDENTE HA RAGIONE: REJA NON E’ DA NAPOLI

Gli effetti speciali in un freddo pomeriggio di fine inverno. Non li hanno regalati né il Napoli né il Martina, che hanno fatto di tutto e di più per far pentire chi è accorso al San Paolo. Ci ha pensato Aurelio De Laurentiis a rincuorare la gente, quei tifosi che non sentono loro la squadra. Il Napoli è primo in classifica ed è virtualmente in B, ma alla fine avrà vinto il campionato contro nessuno. Troppo inferiori gli avversari, molti addirittura mediocri. Il solo Frosinone ha provato a tenere botta fino alla fine, ma il crollo delle velleità ciociare ha finito di spianare la strada ad una squadra apparsa ancora una volta sufficiente, sbiadita, apatica. Poche volte il Napoli ha convinto: in una, due, tre circostanze. Per il resto, quel che ha conquistato in termini di punti è grasso che cola. Il minimo sforzo, compiuto spesso con il placet altrui, è bastato per costruire un primato concreto ma platonico per chi, a ragione, considera quella partenopea una fuoriserie capitata in mani sbagliate. Ed ecco perché il presidente è esploso: anche con il primato in cassaforte e con la mente sgombra da pensieri, la squadra si è rilassata rimirandosi nello specchio di una classifica che non può bastare per saltare di gioia, e si è limitata al solito compitino. Giocatori finiti nel mirino, e con loro il tecnico. Al di là dell’utilizzo di Savini l'attacco a Reja è voluto, mirato, deciso. Preparato da tempo, nonostante alcune dichiarazioni di facciata. Una telefonata fra i due non cancella il malcontento. Segnali erano partiti dopo Sassari o dopo Castellammare, dai silenzi o dalle parole del "fratello di sangue" Pierpaolo Marino. De Laurentiis ha scelto bene i tempi per esternare i suoi malumori, almeno in questo campionato. Perché le stesse considerazioni, il presidente, poteva farle il 19 giugno 2005, quando il tecnico di Gorizia, fallito l’obiettivo, presentò le dimissioni che egli respinse. In fondo il Napoli di quest' anno non è molto diverso rispetto all'anno scorso, quando spesso le vittorie, di misura, venivano strappate soltanto per il rotto della cuffia e dopo partite che dal punto di vista del gioco offrivano poco o niente. Oggi De Laurentiis si è reso conto di aver perso un anno del suo progetto, una stagione che poteva essere utilizzata facendo crescere la squadra nelle mani di un tecnico che arriverà con un anno di ritardo. Perché a fine stagione la professionalità di Reja – questa qualità non potrà essere messa in discussione neanche da altre eventuali sconfitte – porterà il tenace sessantenne a lasciare. "Non resto a dispetto dei santi", disse dopo qualche fischio dei tifosi. Se i fischi sono bordate e se a lanciare siluri è il datore di lavoro, il matrimonio non può andare avanti, soprattutto dopo che lo stesso datore di lavoro ha smontato tutti gli alibi dietro i quali le manchevolezze del Napoli erano state malcelate. Le squadre possono giocare bene in ogni categoria, dalla A all’ultimo dei campionati: basta imporre la propria mentalità sull’avversario. Il presidente lo ha capito. In fondo, anche il cinema è una giungla selvaggia, ma in quel campo De Laurentiis raggiunge grandi risultati divertendo e divertendosi. Reja, di suo, ha dato il massimo e anche di più. Per quanto dimostrato in carriera, meglio non avrebbe potuto fare. Qualche volta ha vinto, quasi mai ha convinto. E' per questo che non è un allenatore da Napoli, è per questo che, spesso, non è stato confermato dopo discrete avventure. Per una piazza come quella napoletana e per un presidente come De Laurentiis, non può essere l’allenatore del progetto: confermarlo in estate fu un autogol. Ad applaudire i suoi successi c'è la fredda matematica, non la calda torcida del San Paolo che si è progressivamente spenta. Malgrado non meritasse un’umiliazione in pubblico, le responsabilità di Reja sono note a tutte. Non basteranno, tuttavia, per non dargli una pacca sulla spalla e ringraziarlo per l'abnegazione dimostrata. Allenare a Napoli, però, è un'altra cosa. E' per questo che la società è giustamente orientata su gente come Somma e Zaccheroni. Il futuro del Napoli passerà per il loro calcio. Che, obiettivamente, è un altro calcio. Un calcio degno di Napoli.

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