Con il 433 è un’altra cosa

La 29esima giornata proponeva per il Napoli la gara più insidiosa: al Bentegodi contro il Verona di Tudor. Squadra e ambiente scaligero sognavano di sgambettare definitivamente il Napoli dal sogno tricolore e di metterlo in difficoltà nella corsa Champions. E invece il Napoli è riuscito ad evitare la trappola della fatal Verona. L’antipasto non era dei migliori, con uno striscione che non vogliamo nemmeno rammentare.

Sotto l’aspetto tattico, il Verona era più o meno lo stesso di sempre, col 3-4-3 solito. Il tridente difensivo era composto da Ceccherini, Gunter e Sutalo, mentre il centrocampo a quattro annoverava la novità Depaoli a sinistra, mentre il solito Faraoni agiva a destra. La mediana si completava con Ilic e Tameze. Il terzetto offensivo (uno dei più prolifici d’Europa) era il collaudato Barak-Simeone-Caprari.

Dal canto suo, il Napoli, rispondeva con un 4-3-3 più coperto, con la difesa sempre composta da Di Lorenzo, Koulibaly, Rrahmani e Mario Rui, mentre a centrocampo Anguissa andava ad affiancare Lobotka e Fabian. Il camerunense offriva copertura maggiore ai due compagni, liberi anche di impostare il gioco (soprattutto Fabian). In attacco, invece, Osimhen era accompagnato da Politano e Lozano, più liberi da compiti di ripiego difensivo. E questa era la grande novità proposta da Spalletti. Stavolta non solo la solita palla lunga per Osimhen, ma una maggior assistenza nell’area di rigore. In occasione del primo gol, un ispiratissimo Politano trovava il nigeriano pronto all’incornata vincente, una giocata che il numero 9 azzurro ha ormai acquisito come un mantra. In occasione del raddoppio, c’era molto di Di Lorenzo che sfondava sulla fascia destra di competenza come un treno ed era lucido nel trovare Osimhen pronto al 2-0. Il Verona faceva fatica a trovare contromisure sugli esterni. Ma ancora una volta il Napoli soffriva i quinti della squadra avversaria e beccava l’immancabile gol di Faraoni (con l’immancabile mancata chiusura di Mario Rui, sovrastato di testa dal terzino veronese. Per fortuna il Verona non aveva insistito con questa giocata).

Le prevedibili sofferenze finali erano attutite da un assetto più simmetrico del Napoli che non lo costringeva alla sofferenza, nemmeno quando entravano Insigne ed Elmas sugli esterni d’attacco. Anche questi ultimi due facevano un lavoro di raccordo con Osimhen (e con Petagna, poi uscito). Un paio di particolari sono, però, da rivedere da parte di Spalletti: in primo luogo, gli avanti azzurri tardano a chiudere le partite. Anche quando si presentano pericolosamente dalle parti dell’area avversaria, poi arretrano non trovando spazi. In secondo luogo, le sostituzioni sono sempre ritardate e riguardano poco o per nulla l’ingresso di Mertens (per carità, non vogliamo farne un caso, però il belga non sembra tra le opzioni di Spalletti).

Altri aspetti interessanti emergono dalla trasferta di Verona, sotto l’aspetto tecnico-tattico. Intanto la non presenza di Zielinski, uno di quelli che in genere non manca mai in campo quando è in rosa. Del resto, il terzetto di centrocampo Anguissa-Lobotka-Fabian si assortisce bene e una squadra senza trequartista non ha bisogno necesariamente dei servigi del polacco. Da notare (non positivamente, però) la partita di Lozano largo a sinistra al posto di Insigne. Il messicano è il designato numero uno a sostituire il folletto di Frattamaggiore in futuro. Ma ad onor del vero, l’ex PSV sembra a suo agio più a destra che a sinistra, dove non riesce molto a rientrare sul piede destro e a calciare in porta. Infine, da più di una partita si nota Elmas messo largo a destra (tranne nella vincente trasferta di Roma con la Lazio). Spalletti vede il jolly macedone come possibile vice Politano (più di Ounas) quando Lozano non c’è oppure gioca a sinistra. Scelta opinabile, ma tant’è… Comunque, importante sarebbe non abbandonare il 4-3-3 fino a fine stagione.

di Ezio Perrella

 

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