Ecco perché il Verona ha fermato il Napoli!

Due pali e un arbitraggio discutibile (ai limiti dell’imbarazzante). Il Napoli, a dispetto di qualche episodio di sofferenza in un paio di partite, ha dovuto fare i conti con qualche palo di troppo e con qualche arbitraggio discutibile. Col Verona questi episodi sfortunati si sono messi tutti assieme e la gara è terminata 1-1. Ma non è solo la non fortuna ad aver impedito al Napoli la vetta solitaria in classifica. Ci ha messo anche la squadra del suo. E, udite, udite, anche Spalletti. Il Verona che si era presentato al Maradona era più o meno quello conosciuto con Juric l’anno scorso, ossia con un 3-4-1-2 con marcature a tutto campo in fase di non possesso. Il terzetto di marcatori era composto da Dawidowicz, Ceccherini e Gunter che si sono arrangiati alla men peggio contro gli attaccanti azzurri. A volte anche contro il regolamento (ma l’incerto arbitro Ayroldi gliel’aveva permesso per tutta la gara, poi al 90’ aveva espulso Bessa e Kalinic, cioè ormai a buoi scappati). E Gunter si comportava come i vecchi marcatori anni ’80, a tutto campo su Osimhen. In fase di non possesso, il Verona abbassava anche Faraoni e Casale, portando la difesa a cinque, mentre l’arretramento di Barak a centrocampo, lasciando Caprari e Simeone soli, esprimeva la squadra con un vero e proprio 5-3-1-1. Ciò che aiutava gli scaligeri era l’imprevedibilità delle giocate individuali di gente come Barak e Caprari, ma soprattutto la vena realizzativa di Simeone, da tre giornate rivelatosi cecchino infallibile della nostra Serie A. Spalletti invece si affidava al solito 4-3-3 in fase di non possesso con Zielinski che invece si portava a ridosso di Osimhen quando la squadra attaccava per trasformarsi in un 4-2-3-1 classico.

Ma probabilmente, la condizione fisica di alcuni azzurri, sta conoscendo il primo appannamento stagionale. E c’erano pure le fatiche del giovedì di coppa. Col Verona i due centrali d’occasione, Rrahmani e Juan Jesus (stante la squalifica di Koulibaly) se l’erano cavata pure bene, tranne che nell’occasione del gol veronese, ma il problema è che quando manca KK, manca tanto, manca troppo. Di Lorenzo (autore dell’1-1) e Mario Rui avevano fornito una buona prestazione in fase di attacco, meno in fase difensiva (soprattutto il portoghese che si era perso Barak in occasione del gol di Simeone). A centrocampo bene il solito Anguissa, benino Fabian, maluccio Zielinski. In attacco la prestazione era appena sufficiente, perché gli attaccanti azzurri soffrivano la difesa chiusa degli uomini di Tudor.

Dunque, cosa ti aspetteresti ad un certo punto del secondo tempo? Ounas al posto di Politano per tenere basso Casale, Lozano al posto dello stanco Insigne per puntare Faraoni e la verve di Mertens come sotto punta dietro Osimhen. E invece no: ecco dentro Elmas, giocatore sempre troppo fumoso, Lozano a destra (poi spostato a sinistra nel finale) e poi Mertens e infine Ounas e Petagna (che forse poteva giocare anche insieme a Osimhen) questi ultimi due nei cinque minuti conclusivi di gara. Troppo tardi. Il 4-2-3-1 del Napoli dell’ultimo tratto di partita aveva prodotto solo il palo su punizione di Mertens. Poi tanto caos. Tudor aveva già scelto nel pre-gara le mosse da fare. Tutte difensive. Anche l’inserimento di Kalinic che doveva tener palla il più possibile. E tante perdite di tempo.

Sicuramente Spalletti rivedrà la gara col Verona e si renderà conto che alcune scelte non potranno essere più fatte a prescindere. Anche i cambi. In passato abbiamo avuto perplessità sulle gestioni della rosa e sul minutaggio dei cambi da parte di Sarri, Ancelotti e Gattuso, tanto per citarne tre. Spalletti ci aveva invece dimostrato un altro modo di gestire il suo gruppo. Di sicuro già dalla prossima gara diversificherà le cose.

EZIO PERRELLA

 

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