Il tabù Maradona, una squadra pavida, un tecnico in confusione: scudetto addio
Un punto in 2 partite in casa, nel momento decisivo, con le due competitors Inter e Milan che non scoppiano di salute. Fiorentina e Roma non battute al Maradona, dopo aver fatto un punto in 2 partite anche con le altre due contendenti al titolo. I numeri parlano chiaro, 30 punti in casa e 37 fuori. Si sperava che con lo stadio tornato colmo di gente, col recupero più o meno di tutta la rosa, con la classifica nella zona scudetto che non corre, la squadra avrebbe espresso rabbia e il suo tecnico avrebbe tirato fuori lucidità nella gestione dei momenti topici. E invece tutto è andato al contrario. La squadra non ha personalità, l’allenatore non fa i cambi tempestivamente e se li fa, sono cambi al contrario. Risultato? Anche per quest’anno il sogno tricolore va in soffitta.
Il Napoli cominciava la gara contro la Roma con un 4-3-3 molto quadrato. Meret ritrovava la porta, mentre la difesa a quattro era confermata con Zanoli, Koulibaly, Rrahmani e Mario Rui. A centrocampo Lobotka era il fulcro del gioco insieme a Fabian e Anguissa. In attacco ecco Insigne e Lozano con Osimhen. Mourinho rispondeva col 3-4-1-2, con Pellegrini alle spalle di Abraham e Zaniolo (quest’ultimo scopertosi attaccante da gol in quest’ultimo periodo). Il Napoli la sbloccava subito con un rigore di Insigne (visto con colpevole ritardo dall’arbitro Di Bello e in colpevolissimo ritardo dal VAR Di Paolo). Sbloccato il match dopo 10 giri di lancette, il Napoli aveva atteso che la Roma si aprisse per chiudere il discorso col raddoppio, ma in realtà l’11 di Spalletti non tirava mai in porta. La Roma alzava il proprio raggio d’azione e comprendeva che il secondo tempo sarebbe stata altra storia.
In effetti al rientro dagli spogliatoi, Mourinho lanciava dentro Mkhitaryan al posto di Cristante, ossia il giocatore meno tecnico di quelli a centrocampo. Il georgiano tra le linee metteva in ambasce il Napoli che aveva un altro spauracchio a cui pensare. A questo punto Spalletti perdeva Lobotka (al 57’) per problemi muscolari. Ci si aspettava dentro Demme, invece il tecnico azzurro mandava dentro Zielinski accentrando Fabian. Abbiamo sempre detto che il polacco con lo spagnolo non si sposa, e così è stato anche in questa partita. Ma non è finita qui: dentro Elmas al posto di Lozano e Demme al posto di Fabian. Il macedone non saltava mai Zalewski e Ibanez. Forse sarebbe stato più indicato un Politano. Il Napoli non tirava in porta e non ne aveva più, quindi Spalletti faceva la mossa che forse abbandonava il Napoli al suo destino, lanciando in partita Juan Jesus al posto di Insigne e Mertens al posto di Osimhen. Risultato? Il Napoli perdeva profondità e pressing alto, così Mourinho se ne accorgeva e mandava dentro Afena, Perez e soprattutto El Shaarawy, togliendo Mancini e mettendo la Roma a 4 dietro, con 3 centrocampisti e 3 attaccanti. L’italo-egiziano è uno degli habitué dei gol al Napoli, e così è stato ancora: 1-1 al 91’ e fine dei sogni. La squadra aveva altri 7 minuti di recupero per vincerla, ma non aveva i giocatori per farlo. Anzi, un altro po’ era la Roma a cercare la vittoria e a sfiorarla. Alla fine il pareggio era pure un ottimo premio. Spalletti toglie incredibilmente dal campo i tre attaccanti: Lozano, Insigne e Osimhen. La squadra si abbassa troppo con il baricentro e viene schiacciata dalla Roma. Non si toglie mai l’attaccante, ancora dei cambi infelici, invece di alzare il baricentro lo ha abbassato con giocatori più difensivi e non è la prima volte. Un viziaccio del tecnico toscano: ricordiamo il famoso Inter-Juventus dove con i neroazzurri in vantaggio, tolse Icardi per mettere Santon e perse la partita!
Squadra senza mentalità vincente e senza coraggio (nessun giocatore che ha alzato trofei significativi in carriera), allenatore che (anche rimbrottato dal presidente per sua stessa ammissione) si produce in scelte opinabili a inizio gara e in sostituzioni ritardate e da rivedere, tutto questo contornato da un club che nelle ultime tre sessioni di calciomercato non ha fatto investimenti significativi. Come si può vincere uno scudetto? Mancano pochi passi alla matematica Champions, forse è meglio pensare a quella.
EZIO PERRELLA