Siamo tutti Koulibaly!
Nel 2021 per quanto anacronistico dobbiamo ancora discutere della piaga razzismo. Auspicabile sarebbe un’evoluzione spirituale – dettata da un’educazione sentimentale dalle scuole elementari – tale da far smettere un bianco di additare un nero come “scimmia”, un omosessuale come “checca” o un genovese come “tirchio”.
Eppure l’umanità non segue lo scorrere del tempo, alcuni sono bloccati in una visione medioevale e mediocre delle cose. Tanto da urlare “scimmia” a un ragazzo di colore che sta giocando a pallone.
Sì il razzismo esiste: dentro e fuori dagli stadi.
Ultima vittima, tra le preferite del campionato italico, il napoletano Kalidou Koulibaly.
Ne abbiamo ben ragione a dire “il napoletano”, sicché sono decenni che in Italia e in qualsiasi stadio anche le frange meno estreme delle tifoserie si divertono a invocare terremoti, colera e il Vesuvio. Poi quando a vestire l’azzurro è un africano il razzismo si fomenta, il razzista vede doppio.
Chiamiamo le cose con il loro nome: quelli che ululano, simulando i versi delle scimmie, non sono stupidi ma razzisti. È una piaga che esiste e riconoscerla è il primo modo per tentare di debellarla.
Fintanto che si ridurranno a sciocchi cori “che nessuno vorrebbe sentire” gli stessi non smetteranno mai.
Lasciate a chi scrive una considerazione ulteriore: fa specie che nella civilissima Firenze si consenta lo scempio ascoltato ieri. Sì più che da altre parti di Italia. Perché al capoluogo toscano la storia nostrana deve una buona fetta del suo sviluppo, e credere che nel 2021 esistano ancora personaggi del genere fa quantomeno impressione.
Soprattutto da giornalisti prima e tifosi poi, lasciate che si dica un’ulteriore cosa: non attendiamo la multa di turno del giudice sportivo, agiamo! Che siano le società, con i presidenti in testa, a condannare e allontanare dagli stadi quei personaggi che fanno male al calcio e alle orecchie.
Immaginiamo cosa possano provare i giocatori dalla pelle scura a sentirsi chiamare “scimmie”, così come empatizziamo con gli omosessuali vessati e con le donne additate come prostitute. Come persone prima – e come giornalisti poi – a voce chiara condanniamo ogni forma di discriminazione, sperando che le istituzioni sportive facciano la loro parte.
In chiusura, un saluto di stima ai giocatori africani che vestono l’azzurro del Napoli: Anguissa, Osimhen e Koulibaly. In particolare al difensore franco-senegalese che come in una famosa canzone italiana, ha risposto all’odio con la professionalità e mettendosi in tasca gli attaccanti viola “ha portato un bacione a Firenze”.
