Tifoserie rivali: l’arte della Curva B che fa discutere il calcio!

La coreografia della Curva B prima di Napoli-Cagliari ha suscitato, come spesso accade quando Napoli parla con la sua anima, reazioni contrastanti e polemiche da parte di alcune tifoserie italiane.

C’è chi ha voluto vedere in quell’immagine una provocazione, chi ha letto un gesto arrogante, chi ha preferito ironizzare o sminuire. Eppure quella rappresentazione è molto di più. È cultura, identità, orgoglio. È Napoli.

Lo scugnizzo napoletano che, con gesto fiero e delicato, scuce lo scudetto dalla maglia dell’Inter per ricucirlo sulla propria non è un insulto né una provocazione. È un’icona potente, un’immagine teatrale e barocca, come solo Napoli sa creare.

Il ragazzo con la maglia logora e il volto segnato, ma c’è nobiltà nella sua azione. Una nobiltà che non si misura con l’abbigliamento o le buone maniere, ma con la dignità di chi non rinnega mai le proprie radici.

Troppo spesso dipinta come pittoresca solo quando fa comodo, la città partenopea ha scelto, con questa coreografia, di rispondere con l’arte e l’ironia. Con un omaggio al proprio popolo, senza vergogna, senza chiedere il permesso di essere sé stessa.

Lo stile barocco della coreografia, ricco e teatrale, è la firma inconfondibile di Napoli.

E lo scugnizzo non è un semplice personaggio folkloristico, ma un simbolo vivente di appartenenza. È il ragazzo di strada che non ha nulla, ma ha tutto: l’amore per la propria città. Quell’amore che spinge a sentirsi parte di un destino collettivo, a gridare al mondo che Napoli non si inginocchia mai.

In questa immagine c’è la consapevolezza della propria storia, della propria diversità. Non c’è bisogno di indossare l’abito buono per essere accolti: Napoli non si traveste. Non vuole piacere, vuole essere capita.

È il riscatto estetico e simbolico di una città che sa emozionare senza chiedere approvazione.

Non serve polemizzare con chi non ha voluto leggere tra le pieghe di quella stoffa cucita con orgoglio. Basterebbe fermarsi un attimo in silenzio, guardare, e forse, per una volta, capire e lasciarsi commuovere.

 

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