ECCO IL VERO INLER. CON WALTER? NO, CON RAFA!
Ci voleva Benitez per riportare a nuova vita il vero Gokhan Inler. L’Inler di Udine, di quella squadra allenata da Guidolin che tre stagioni fa stupì l’Italia intera con un gioco divertente e piacevole, il più bello della Serie A 2010-11. Quella squadra in cui l’elvetico di origini turche rappresentava il perno principale, la sicura base di lancio per ogni missione d’attacco. All’occorrenza, il cannone dal quale partivano siluri imprendibili per i portieri avversari. Siluri che nel Napoli hanno fatto centro otto volte in due anni, e che tuttavia da soli non hanno cancellato le ombre sul suo operato in azzurro. Ombre che hanno provocato perplessità e delusione verso di lui, oltreché snervanti riflessioni sulle sue prestazioni opache. Viste le recenti prove del numero 88 partenopeo, e alla luce delle considerazioni spesso fatte in queste due annate, è definitivamente chiaro il motivo di tali prestazioni opache: ossia, l’inadattabilità dello svizzero al gioco di Mazzarri. Così diverso, così lontano anni luce da quello di Don Rafael. E dello stesso Guidolin.
Nel suo ultimo anno in Friuli, Inler può rendere al suo meglio grazie al collaudato meccanismo costruito in linea mediana dal tecnico veneto. Armero e Asamoah sfuggono veloci sulle corsie, Isla va verso il centro affiancandosi a Gokhan, e Pinzi copre le spalle in posizione più arretrata. Ad agevolare la situazione v’è poi la filosofia messa in pratica dall’Udinese. Gioco di prima, passaggi rasoterra il più possibile, possesso palla teso a nascondere la stessa all’avversario, ritmi lenti pronti all’accelerazione nel momento opportuno: il tiki-taka de noantri, cioè l’ideale per le caratteristiche tecnico-fisiche del Leone. Il quale, grazie al meccanismo di cui sopra, non solo viene assistito nell’avviare l’azione, ma è altresì sicuro di poter andare in progressione centrale senza lasciare scoperto il fianco, in modo da arrivare ai 28-30 metri e scaricare i suoi tiri letali. L’incanto svanisce a Napoli, ai comandi dell’umile Walter. Con gli esterni più in attacco che in difesa, Hamsik stabilmente in proiezione offensiva e Gargano a pestargli i piedi in zona centrale, il povero Inler si ritrova in totale solitudine, senza protezione né sostegno, costretto a fungere da factotum, lui che a Udine aveva un unico e specifico ruolo. E come se non bastasse, il Santone disgusta tutto ciò che sia gioco alla mano e cadenza limitata: si deve correre, correre a più non posso, e lanciare lungo, direzione fasce laterali. Punto e basta. Una simile tipologia di calcio non può compiacere Gokhan, nemmeno quando dopo un anno arriva il suo compagno di Nazionale Behrami, meno veloce ma più disciplinato tatticamente rispetto al Mota, visto che anche questi tende a lasciarlo solo soletto, spostandosi a coprire Maggio a destra. Nonostante i tentativi di schierare Hamsik in posizione arretrata, o bloccare l’ex doriano e avvicinargli Valon schierandolo più al centro, e malgrado le reti realizzate, le cose per il mediano non sono migliorate granché, tanto che Mazzarri l’ha relegato in panca lanciando l’altro connazionale Dzemaili come trequartista al fianco di Hamsik. Dunque, una gestione pessima da parte del tecnico livornese: vista così, non può che essere la vera causa della mancata esplosione del possente elvetico. Altro che i presunti problemi d’ambientamento che un bel po’ di personcine (per dirla alla Troisi) gli hanno additato in questi due anni!
L’arrivo di Don Rafael ha cambiato le carte in tavola per Inler: tra gli esiti derivanti dalla rivoluzione tecnico-tattica dello spagnolo, c’è stato anche il suo ritorno ai fasti di Udine. E ora Gokhan, pur ritrovandosi spesso in inferiorità numerica insieme a Behrami, almeno non è più solo. C’è il suo fido guerriero Valon a fargli da sentinella, ma ci sono anche gli esterni bassi, più concentrati sulla fase difensiva rispetto all’era Mazzarri, a coprire le corsie in caso d’emergenza. Quelli alti, dal canto loro, fanno lavoro sporco andando a pressare fin da subito i portatori di palla avversari, riducendo così i compiti d’interdizione dello svizzero. Che però, da un po’ di tempo a questa parte, ha persino imparato a menare come un fabbro, diventando egli stesso un interdittore non disprezzabile. E quando Hamsik finalmente si ricorderà che ogni tanto bisogna accorciare in linea mediana, Inler sarà ancora meno isolato e non gli mancheranno le occasioni per scendere in avanti facendosi trovare lesto al tiro da tre punti. Ovviamente il gioco attuato da Benitez migliora ulteriormente la situazione. Il giro palla, il nasconderla ai contendenti, il passarsela a terra senza gettarla via a campanile, il ‘sin prisa, pero sin pausa’ predicato dal mister: tutto fa brodo, tutto si adatta nel miglior modo possibile alle doti del ragazzone di Olten. Il quale sta vivendo quella che potrebbe essere (speriamo!) la sua rinascita, viatico a una definitiva consacrazione. Se la merita, come giusto premio alla sua professionalità e al suo impegno, profuso finanche nei momenti più duri. E in barba a chi l’ha criticato finora, senza tenere conto dei limiti strapaesani del vecchio allenatore del Napoli.