GIU’ LE BARRIERE, SU I GORILLA

Il calcio sta attraversando un momento non poco delicato tra bufere di vario genere quali doping, scommesse più o meno lecite, violenza in campo e fuori. I ventidue giocatori ed il pubblico sugli spalti, quando vogliono, sono sempre l’essenza di questo sport, essenza costituita dallo spettacolo sul campo e dalle emozioni vissute sugli spalti, emozioni più o meno piacevoli a seconda che si sia vinto o si sia usciti sconfitti.

Per avvicinare questi due fattori si è deciso di abbattere le barriere poste tra il campo e le gradinate, barriere invisibili, anzi trasparenti, che creano una brusca linea di confine tra il palcoscenico e la platea. Sarebbe bellissimo poter effettivamente realizzare qualcosa del genere, impensabile fino a pochi mesi fa; basta vedere le immagini dell’euroderby di Milano per rendersi conto di quali pericoli si possano correre se una parte del pubblico non accetta il verdetto del campo.

Un piccolo passo si è fatto ad Udine dove sono state abbattute parte delle barriere esistenti tra campo e spalti. Le condizioni ambientali erano ideali; ultima gara di campionato, squadra per la prima volta qualificata alla Champions League ed un clima di festa nello stadio di una tifoseria che non ha mai dato grossi problemi a parte l’odioso atteggiamento di una parte di essa che, anni fa, pose il veto all’arrivo dell’israeliano Ronnie Rosenthal.

Ci sono degli stadi, per meglio dire delle curve, ben più a rischio dove, a causa lanci di oggetti ed invasioni di campo, sarebbe davvero azzardato ora fare un passo del genere. Si spera che, una volta visti i buoni risultati dell’esperimento in Friuli, qualche mente possa aprirsi e quindi uniformarsi ad una forma di progresso che porterebbe l’Italia molto avanti in Europa anche in vista della possibile organizzazione degli Europei del 2012.

Ragionando sull’abbattimento di barriere stride non poco la diffusione, da un po’ di tempo nell’ambiente, delle guardie del corpo. I cosiddetti "gorilla" che fanno presenza accanto a giocatori e dirigenti quando questi si muovono a stretto contatto con la gente.

Non sappiamo se è un fenomeno di costume, uno dei tanti che ultimamente accomuna il calcio al mondo dello spettacolo oppure se effettivamente c’è qualche personaggio che si sente più tranquillo se circondato da individui che fanno loro largo tra la folla come se fossero nelle bibliche acque del Mar Rosso.

Si è partiti da Beckham che ne ha ingaggiato uno stuolo perché terrorizzato dalla minaccia di rapimento dei suoi figli o più semplicemente perché desideroso di muoversi mano nella mano, in santa pace, con la moglie Victoria Posh Spice senza essere ogni passo avvicinato da qualcuno. Si è passati a Totti, tanto per fare grandi nomi, che non si reca a seguire il tennis al Foro Italico se non marcato stretto da enormi bodyguards, e si è finiti col presidente De Laurentiis, patron del Napoli, seduto sulla poltroncina dello stadio Delle Palme di San Benedetto del Tronto, in compagnia di un nutrito gruppo di guardie del corpo.

Qui però occorre dire che nella cittadina marchigiana il precedente incontro in campionato non lasciava presagire una calorosa accoglienza nei playoff per la dirigenza azzurra e difatti si è visto come il clima elettrico in campo, causa l’elevata posta in gioco, si è poi trasferito in tribuna autorità dove il d.g. Marino è quasi venuto alle mani con il suo opposto collega.

Se sembrano essere in antitesi l’abbattimento di ogni ostacolo tra giocatori e pubblico ed il sempre più diffuso ricorso alle guardie del corpo, è possibile che il secondo sia diretta conseguenza del primo, con gli sportivi che vedendo cadere ogni barriera protettiva ricorrano alla protezione di "gorilla" avendo così qualcuno e non più qualcosa che possa proteggerli dalla "furia" dei tifosi.

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