I nostri guerrieri azzurri: Lobotka

Continua la nostra rubrica sui guerrieri azzurri.

“Garantisco io” parola di Marek Hamsik. E Stanislav Lobotka è riuscito, con la sapiente mano di Spalletti, a diventare un’icona azzurra. Il primo slovacco campione d’Italia con la maglia del Napoli. Prima di lui poteva essere Marek che ha gioito per lui e per il Napoli per questo incredibile trionfo. L’insostituibile Lobotka, l’onnipresente, la calamita, il metronomo. Avete altri aggettivi? Aggiungeteli perché per ognuno di essi troverete sempre un sinonimo che è Lobotka. Numero 68 sulle spalle, un numero scelto al suo arrivo con una logica matematica già adottata da altri calciatori. Voleva la 14 ma era saldamente sulla schiena di Dries Mertens. E allora il 68 le cui cifre hanno come somma proprio il suo numero fortunato già indossato al Celta Vigo.
E a proposito di numeri, delle 49 partite in stagione del Napoli, Lobotka non ne è saltata una quest’anno. Trentotto gare in campionato, dieci in Champions e una in Coppa Italia, nella quale gli resta l’amarezza di un errore dal dischetto che è costata l’uscita dal torneo. Un solo gol per lui, contro il Verona alla prima giornata, una perla con lo slalom partendo da metà campo. Pochi gli assist , appena due, ma non è questo il particolare che lo rende l’insostituibile.

 Conta per Lobotka l’essere stato, per tutta la stagione, il punto di riferimento, non solo del gioco di Spalletti ma per tutta la squadra. Quando qualcuno era in difficoltà il primo pensiero era “meglio dare la palla a Lobotka”. Come una cassaforte in mezzo al campo. Oltre 2100 passaggi riusciti, una media altissima, che lo hanno collocato tra i migliori giocatori in Europa nel suo ruolo. Non per la Serie A che nella top tre, poi vinta da Barella, aveva inserito Rabiot e Milinkovic, dimenticando lo slovacco Campione d’Italia.

Tanto di questo scudetto porta la firma dello slovacco. Poche parole e tanti fatti. Ha fatto sempre parlare solo il campo. Mai una dichiarazione fuori luogo, anche quando all’arrivo di Spalletti sembrava fosse l’ennesima stagione in panchina. Complice lo sfortunato infortunio di Demme nell’estate del 2021, Lobo si è preso in mano il centrocampo azzurro senza mai lasciarlo e accompagnandolo quest’anno ad uno Scudetto storico. Merito anche del mister che ha visto in lui il Pizarro della sua prima Roma. In Europa si sono tutti stropicciati gli occhi azzardando i paragoni più disparati con i migliori registi, da Gundogan a Modric, a Kross. Ma Lobotka è semplicemente Lobotka, 1 metro e settanta di qualità e quantità  che ha compiuto la metamorfosi da brutto anatroccolo ( o cinghialotto, come lo aveva battezzato qualcuno) a cigno del centrocampo azzurro.
Anche il prossimo anno sarà sempre lui a prendere la squadra per mano, stavolta però con uno scudetto ben visibile in mezzo al petto.
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