“Il dito contro”: A.A.A cercasi VAR


La figura dell’arbitro da quando è nato questo terribile e meraviglioso sport che sa essere il calcio, è stata sempre oggetto di critiche spietate come appena sussurrate ogni qualvolta una squadra s’è sentita defraudata da una decisione presa o meno dal direttore di gara di turno.

La storia del pallone pullula di piccole e grandi vicende legate agli arbitri, dai campetti di provincia fino ai Mondiali – dimenticheremo mai l’impassibilità vergognosa di Moreno nella “partita furto” dell’Italia contro la Corea del Sud? – ed anche in serie A non sono mancati gli episodi che hanno vista coinvolta la classe arbitrale, dai piccoli ai grandi scandali. In questa sede sarebbe inutile e controproducente aprire il capitolo “Calciopoli” pur considerando tutti gli strascichi che quell’uragano si porta ancora dietro, piuttosto, il consueto “dito contro” che da titolo a questa rubrica punta dritto al presente e all’attuale situazione in cui versa il calcio italiano sempre meno bello perché giocato e sempre più pruriginoso perché “chiacchierato” grazie alle decisioni prese da quella che ormai ha tutta l’aria di una vera e propria casta, quella degli arbitri.

Nella giornata di ieri abbiamo avuto dei lampanti esempi di quanto oggi tra regolamenti cambiati all’ultimo e troppe teste messe su un campo qualcosa non funzioni; a distanza di poche ore si sono giocate Napoli-Atalanta e Juventus-Genoa, due partite decise in maniera diversa ma speculare dai fischi arbitrali.

Al San Paolo: Giacomelli su un fallo in aerea per Llorente non fischia, riparte la Dea e il Napoli è incredulo, tutti cercano l’arbitro per chiedere di rivedere l’episodio al VAR dove c’è Banti evidentemente colpito da un fulmineo attacco di sordomutismo, unica spiegazione plausibile per la mancata segnalazione. L’Atalanta ne approfitta e insacca il goal del pareggio, bordata di fischi, espulsione di Ancelotti e Lorenzo Tonelli che porge all’uscita dal campo il pallone a Giacomelli “uomo partita” de facto della gara.

A Torino invece sull’ 1-1 al VAR hanno occhi per vedere, orecchie per sentire e voce per comunicare all’arbitro il rigore per la Juventus che si riprende la vetta.

Cosa c’è che non funziona?

Sarebbe troppo facile cadere nell’isterismo di ritenere che tutto vada a favore dei bianconeri, le statistiche dimostrano del resto che a fine anno “gli aiutini” si bilanciano e noi siamo giornalisti, vogliamo affidarci ai numeri. Tuttavia è impossibile non considerare quanto certi calciatori sul dischetto vengano portati per mano mentre ad altri non è che non vengano fatti i regali ma non viene nemmeno concesso il beneficio di dimostrare di valere un soldo bucato e sbagliare il rigore. Ieri al San Paolo abbiamo visto una terna incapace, non si vuol pensare alla mancanza di volontà, di comunicare in maniera chiara prendendo in giro un pubblico, dei calciatori ed un intero sistema – parafrasando le parole del patron De Laurentiis- non usufruendo di un mezzo messo lì a posta in caso di difficoltà: la tecnologia VAR.

Allora cos’è che non funziona? Perché se all’indomani della partita contro la Fiorentina i vertici dell’A.I.A hanno gettato benzina sul fuoco alimentando l’immagine di un Mertens “tuffatore” non sono intervenuti oggi, per difendere l’operato del signor Giacomelli e rispondere al guanto di sfida gettato dal patron del Napoli?

Un’altra domanda idealmente andrebbe posta al signore che c’era al VAR, in lui c’era la paura di ripetere la querelle vista in occasione di Spal-Fiorentina, con il goal del raddoppio negato ai ferraresi a vantaggio del rigore concesso alla Viola dopo aver rivisto l’azione?

Per tornare a quanto visto ieri che le parole di Gasperini nel post gara contro la Lazio abbiano fatto tremare le vene e i polsi a Nicchi e Rizzoli è uno scenario al quale francamente ci rifiutiamo di credere.

Tuttavia c’è tanto, troppo che non funziona e la decima giornata di serie A ne è stato l’esempio chiaro e tangibile: oggi abbiamo un pongoregolamento che si plasma a seconda delle situazioni e una tecnologia di supporto da mettere in muto per le proprie velleità e granitiche certezze, e soprattutto delle “autorità” che fanno la voce grossa a intermittenza.

C’è bisogno di chiarezza, probabilmente perfino di rifondare l’intera classe arbitrale attaccata alla poltrona più dei politici, dando nuova linfa con volti diversi non ancora “toccati” da alcune dinamiche.

C’è bisogno di chiarezza, la stessa che De Laurentiis ha chiesto ieri sera con veemenza: sul torto ci si può passare ma il rischio, alimentando dei comportamenti sbagliati è che si “guasti” l’intero sistema rendendolo malato.

Il calcio è uno sport semplice: se non dai un rigore è punizione per il difensore e se ti fidi soltanto dei tuoi occhi la tecnologia, la moviola e altri cinque arbitri non servono a nulla.

Ci sei tu, arbitro da solo in mezzo al campo, umano troppo umano, capace di sbagliare e pronto a prendertene le responsabilità che siano una squalifica, un’indagine giudiziaria o semplicemente un “cornuto”, come ai vecchi tempi quando questo sport sapeva essere ancora qualcosa di pulito perché giocato per novanta minuti e basta.

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