“Il dito contro”: Maurizio Sarri e il tempo beffardo
Il giovane rapper Marco Anastasio scrisse un vero e proprio inno per colui che a Napoli era considerato comandante, uomo del pueblo e portavoce della rivoluzione calcistica sotto la bandiera della bellezza; Maurizio Sarri, per il quale il giovane napoletano scrisse parole taglienti e veloci come il seguente inciso: “Lo faccio per passione come Maurizio Sarri, niente giacca e cravatta, sto con la barba sfatta” [..] Ignaro del destino che si profilava per l’ex comandante azzurro, prima alla guida del Chelsea per poi approdare l’anno seguente sulla panchina più improbabile della serie A – vista la sua storia calcistica e non – ovvero quella della Juventus.
Sarri sveste idealmente se stesso, dalla tuta all’ideologia proletaria, rinnegando il “Sarrismo” con buona pace di chi a Napoli ne aveva fatto una vera e propria religione.
Amareggiati e increduli i napoletani, così come scettici e sbigottiti gli juventini: chi gli mostrava il dito medio oggi siede sulla panchina che fu di Conte prima e di Allegri poi; ma nell’anno che vede l’ex bandiera bianconera allenare l’Inter, dover accettare il vecchio nemico napoletano sembra poca cosa per i tifosi della vecchia Signora.
A scottare per Sarri è l’ombra lasciata da Massimiliano Allegri, uno che al “bello” di matrice sarrista contrapponeva il “vero” dei risultati e lui s’è trovato a dover portare nel Palazzo, nel tempio dei risultati, l’idea che si può essere vincenti ma col bel gioco. Tuttavia – e qui veniamo al momento di “puntare il dito contro” anche questa settimana – portare la bellezza di quanto fatto a Napoli a Torino non è cosa che a Maurizio Sarri sta riuscendo poi così bene.
Ben poco del suo modo d’essere e che fu il suo incantare l’Europa ha questa Juventus: che oggi rimpiange – come si capisce dalla voce dei tifosi che esprimono il loro malessere sui social network – la solidità di Allegri, uno che giocava ad anestetizzare gli avversari per poi finirli in un unico e preciso colpo mortale.
La debacle di Sarri s’è consumata nella serata di sabato, con i tre goal rimediati contro la Lazio, frutto maturo crollato di peso sulla testa del toscano, di tante partite giocate sul filo della “mediocrità” dai suoi: si badi all’uso di questo aggettivo, mediocre è questa Juventus nella misura in cui ci si aspettavano fuoco e scintille con l’arrivo di Maurizio Sarri.
Questa Juventus è ciò che sempre stata: un coacervo di tanti campioni più o meno grandi, abituati a vincere in campionato da otto anni e ad essere stabilmente tra i primi in Europa; gente insomma a cui un “buon maestro” fatica ad insegnare la logica della bellezza di quello che poteva essere “l’esproprio proletario” messo in atto dal suo Napoli.
Certo è che girarci attorno è inutile, la Juventus anche questa stagione lotterà assieme all’Inter per vincere lo scudetto.
Però è certo anche che nonostante abbia svestito i vecchi abiti del rivoluzionario, ci piace pensare a Maurizio Sarri in questo modo: dopo l’allenamento quando saluta Cristiano Ronaldo o Dybala si trova a ripensare ad Insigne e a Dries Mertens e al calore e al colore che il Napoli e Napoli avevano con lui alla guida. Perché se a Torino sono nostalgici del gioco tutto teso verso la concretezza a Napoli si è alla disperata ricerca di carica, di bellezza e di calore.
Questa settimana il consueto “dito contro” è puntato all’indirizzo di Maurizio Sarri, incapace a mettere un po’ di se stesso – per tutta una serie di ragioni – nella Juventus ma idealmente, il dito è puntato contro il tempismo che spesso è beffardo: quante volte ci si trova al posto giusto ma nel momento sbagliato?
E vogliamo salutare i lettori di Napoli, ma anche quelli di Torino, con un quesito: in un ipotetico “fantallenatore” dareste il posto di Maurizio Sarri a Carlo Ancelotti?