L’ECONOMIA DEL CALCIO E LA SUA ILARITA’

Le vicende degli ultimi anni ci hanno posto di fronte ad una nuova realtà calcistica che a molti di noi è sembrata quasi fantascienza, ma purtroppo non è così, questa è solo la conseguenza naturale di quella che è stata l’evoluzione o "involuzione" del calcio moderno.

In principio c’era uno sport chiamato calcio, con un gruppo di uomini che si riunivano in settimana per allenarsi e scendere in campo la domenica per divertimento e per arrotondare lo stipendio settimanale. Poi nacquero le prime "associazioni sportive" per poter gestire i giocatori, le spese comuni e i modesti introiti derivanti dai tornei a cui si partecipava. Col tempo gli interessi economici e gli introiti aumentavano sempre più e le "associazioni sportive" iniziavano a trasformarsi in "società sportive" fino alle attuali "Spa" che con il calcio non hanno nulla a che vedere più, gestiscono patrimoni di milioni di euro, tra acquisti e vendite di giocatori, diritti televisivi e sponsor vari, ed era quindi prevedibile che il regolamento sportivo, andando oltre il mero controllo del rispetto delle regole di un gioco, sarebbe inevitabilmente crollato.

Da quanto detto, appare chiaro che negli ultimi anni le "società sportive" divenute spa si sono trovate a gestire patrimoni anche di gran lunga maggiori rispetto alle società commerciali a cui si ispiravano. Nelle società, a garanzia dei creditori e degli azionisti esistono dei beni materiali e non, ma la domanda è questa, da cosa è composto l’attivo patrimoniale delle società sportive?

A parte l’eventuale esistenza di beni, due sono le poste principali presenti in ogni società calcistica, delle quali tanto si è parlato in questi ultimi mesi, il titolo sportivo ed i giocatori.

Il primo può essere paragonabile ad un avviamento commerciale della società, data per l’appunto dalla sua storia e dal pubblico legato ad esso come elemento in grado di produrre da solo redditività futura. Il secondo è quello che suscita maggior perplessità, i giocatori in caso di inadempienza o fallimento della società possono recedere il loro contratto e riavere il cartellino. Capite che cosa assurda, un creditore che è anche la garanzia di se stesso, per fare un esempio pratico immaginiamo cosa succederebbe se la FIAT iscrivesse nell’attivo del proprio bilancio i suoi operai e li rivalutasse a seconda dell’indebitamento del periodo, all’assemblea degli azionisti il presidente si alzerebbe in piedi e direbbe: "Quest’anno il bilancio si è chiuso in attivo grazie all’impegno di "Totonno Esposito" che ha lavorato più di tutti e per noi come giovane promessa vale almeno 10 milioni di euro, quindi abbiamo risanato la perdita e addirittura abbiamo raggiunto un utile". Che ne direbbero gli azionisti della FIAT? Eppure sembra comico, ma nelle società calcistiche si è utilizzata questa tecnica per anni, e parliamo di società quotate in borsa.

A causa di questo artifizio, è accaduto che dopo anni, tanti giocatori, come anche "Quadrini" ex-Napoli, per fare un esempio conosciuto, ha scoperto suo malgrado, che la sola ragione per la quale grandi società avevano acquistato la sua comproprietà era che lo si poteva utilizzare come "plusvalenza di bilancio", cioè un aumento di valore positivo che si realizza quando un bene acquistato per un prezzo invece che diminuire con l’utilizzo nel tempo, aumenta e quindi all’atto della vendita fa realizzare un utile. E noi che abbiamo sempre creduto Quadrini inutile, invece ci sbagliavamo di grosso …

E questo è solo uno degli aspetti del favoloso mondo incantato del calcio moderno, non lamentiamoci, in fondo sono tutte cose che hanno imparato dalle cugine società commerciali, ed in più hanno a loro favore il fatto che l’Italia senza calcio non può vivere, quindi ci sarà sempre un decreto "spalma debiti" o similare che le soccorrerà, e tutti noi torneremo allo stadio ad esultare e soffrire per la nostra squadra del cuore, perché è questo che a noi interessa.

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