I nostri guerrieri azzurri: Mario Rui

Continua la rubrica dedicata ai nostri guerrieri azzurri.

C’era anche lui quella sera in albergo a Firenze cinque anni fa quando il Napoli si vide scippare lo scudetto. Per lui questo tricolore vale doppio e lo premia per l’attaccamento alla maglia e per averci sempre creduto in questa impresa. Di chi parliamo? Ma del Goat, di SuperMario, del Professore, all’anagrafe Mario Rui Silva Duarte, che per tutti è solo Mariorui, tutto attaccato. Una stagione da incorniciare per il vice capitano azzurro, uomo assist e bandiera di un gruppo che è passato dal Purgatorio al Paradiso superando tutti i gironi danteschi. Lui da buon Caronte ha traghettato la squadra attraverso le tante critiche piovute, anche nei suoi confronti, ma che si è sempre fatto scivolare addosso dimostrando in campo di essere attaccato ai colori di questa maglia e ai suoi tifosi. Tutto questo lo ha ripagato e in lui Spalletti ha visto “il Professore”, come lo ha soprannominato fin dai primi giorni di ritiro. Dopo la parentesi Gattuso, sembrava in procinto di cambiare aria e il suo procuratore aveva più volte cercato di convincerlo a lasciare. Mario, però, ha sentito subito che con Spalletti sarebbero arrivati nuovi traguardi e non ha voluto lasciare lo spogliatoio azzurro. Una scommessa vincente dopo due anni di duro lavoro. Veder andare via in sequenza i compagni di lungo corso come Koulibaly e Insigne, poteva far pensare ad una stagione per lui in secondo piano, vista la rivoluzione tecnica in atto. Anche la fascia lasciata a Di Lorenzo è apparso un segnale. Ma neanche l’arrivo di un giocatore di livello come Olivera, con cui avrebbe dovuto giocarsi il posto, lo ha fatto desistere. Spalletti gli ha fatto capire che di lui aveva bisogno e che era un punto fermo della squadra. Ha certamente beneficiato della sana competizione con l’esterno uruguaiano e, sin dalle prime giornate, il suo rendimento è stato in crescita.

L’intesa sulla corsia mancina con Kvaratskhelia è apparsa subito perfetta sin dalle prime uscite in stagione. Il suo apporto in zona offensiva è stato notevole, non in termini di gol (nessuno quest’anno) ma di assist, visto che ne ha messi in fila ben otto, sette in campionato e uno in Champions, nelle totali ventotto presenze in stagione. Ricordiamo, tra questi, l’assist a Simeone a San Siro per la vittoriosa gara contro il Milan, in casa dei Campioni d’Italia in carica, che diede la convinzione che poteva davvero essere l’annata giusta. Fu il primo tassello di uno Scudetto costruito non a tavolino, ma giornata dopo giornata, punto dopo punto, sul campo, acquisendo sempre di più la convinzione che questo gruppo era solido e non si sarebbe sfaldato come era accaduto negli anni precedenti. Napoli è stato per lui il suo Mondiale. Un Mondiale mancato di un soffio nelle convocazioni finali e a cui ci teneva dopo aver vinto la Nation League con la nazionale portoghese. Ma questo non la ha scoraggiato e lo ha spinto ancora di più a dare il 110% per il Napoli per conquistare un traguardo storico.

Con lui in campo, almeno fino a fine Marzo, il Napoli non aveva mai perso. Nelle uniche battute d’arresto, fino ad allora, degli azzurri ovvero l’ininfluente match contro il Liverpool di fine girone, con l’Inter e in Coppa contro la Cremonese, il terzino portoghese non era mai stato in campo. Un vero amuleto per la squadra di Spalletti. Poi a metà aprile, durante lo sfortunato quarto di Champions contro il Milan, l’infortunio al perone che lo terrà fuori fino alla gara finale contro la Sampdoria, quella della festa scudetto, in cui Mario ha fatto di tutto per esserci bruciando le tappe. Il numero 6 azzurro, durante la sua assenza dal campo, nella fase finale di stagione, non si è mai isolato, anzi, è sempre rimasto al fianco della squadra. E’ stato il primo a saltare, pur zoppicando, al fischio finale di Udine portando insieme al Capitano Di Lorenzo, lo scudetto cartonato ai tifosi accorsi in Friuli per festeggiare il matematico tricolore.

“Questo scudetto è del popolo del napoletano” aveva dichiarato. Questo scudetto è anche tuo Mario che scrivi il tuo nome nella storia del Napoli, dopo quelli di Maradona e compagni.

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