IL MANUALE DEL BUON ALLENATORE

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La prestigiosa Aula Magna "Altiero Spinelli" della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università Federico II° di Napoli ha ospitato, nel mese di giugno, un corso di aggiornamento per giornalisti sportivi avente come tematica "L'attività sportiva tra regole e tecnica". Il seminario, organizzato dall'associazione Sportform con il patrocinio dell'Ussi Campania, ha visto la partecipazione di studenti e addetti ai lavori, tutti interessati alle relazioni dell'autorevole parterre scelto dal deus ex machina del corso, l'avvocato Tommaso Mandato.
Particolarmente rilevante il conclusivo dibattito a più voci che ha visto alternarsi al microfono diversi tecnici rappresentanti di più discipline sportive, con l'obiettivo di mettere a fuoco la figura dell'allenatore. Un ruolo spesso invidiato ma il più delle volte scomodo, considerando che il più delle volte il "mister" altri non è che un comodo parafulmine. Paolo De Crescenzo, storico allenatore del Posillipo pallanuoto ed ex commissario tecnico del Settebello, ha illustrato dal suo punto di vista una figura istituzionale che deve avere credibilità agli occhi della squadra e della pubblica opinione: "Compito dell'allenatore è migliorare il singolo e costruire un gruppo. Per gruppo si intende un'entità superindividuale formata da individui che sentono e vivono un'identità collettiva che va oltre gli interessi dei singoli. Ogni gruppo ha bisogno di un leader, che deve essere l'allenatore. Egli dovrà creare le condizioni migliori in vista dell'evento-gara, cercando di rapportarsi con la squadra rimanendo se stesso. Il principio di verità, nelle scelte del tecnico, è fondamentale: soltanto in questo modo l'allenatore verrà rispettato". Gigi Caffarelli, tecnico della primavera del Napoli e da anni nel settore giovanile azzurro, ha provato a tracciare un profilo dell'allenatore-educatore: "Nel rapporto con i giovani, spesso bisogna frenare quella personalità che va formandosi in età adolescenziale. Chi lavora con i ragazzi deve lavorare di più sul campo, anche se ha meno pressioni ambientali. In dieci anni di settore giovanile ho insistito anche sul concetto di appartenenza alla maglia. Non ho raccolto grandi risultati in termini numerici, ma nel settore giovanile il risultato aritmetico conta relativamente: è più importante la crescita di quei calciatori che poi, magari, possono tornare utili alla prima squadra. Fondamentale è anche la possibilità di avere a disposizione le strutture adatte per poter lavorare, un grande problema di questa città". Maurizio Deda, allenatore della squadra partenopea di calcio a 5, insiste sul concetto di spettacolarità di uno sport spesso bistrattato dai media: "Siamo a torto considerati figli minori del calcio, ed anche per questo siamo prima di tutto alla ricerca di visibilità. L'80% dei calciatori impiegati in questa disciplina sono stranieri, molti dei quali brasiliani: giocando in spazi ristretti ed a ritmi alti, la giocata spettacolare è all'ordine del giorno e non è certo un'eccezione, come lo è invece nel calcio dei grandi". Dove conta più il risultato che la prestazione. "Ma lo sport non è solo vittoria – interviene Paolo De Crescenzo – è soprattutto sconfitta. C'è bisogno del contributo di tutti per creare la cultura della sconfitta, per far capire che non esiste e non va celebrato soltanto il primo". Applausi, gli stessi che la giovane platea si riserva per la starring della giornata, il portiere del Napoli Gennaro Iezzo, che si concede volentieri alle domande: "Il silenzio stampa? Si è rivelato anche un fatto scaramantico, anche se spesso avremmo voluto dire la nostra su tante critiche piovuteci addosso. Un momento in cui abbiamo pensato di non farcela? Dopo la sconfitta di Crotone, forse per la prima volta abbiamo avuto paura. Ricordo che il viaggio di ritorno in pullman sembrava interminabile. Il gol subito a Mantova? La traiettoria del pallone è stata incredibile, ma non è stata l'unica occasione in cui mi sono sentito colpevole: il sottoscritto si sente in colpa anche quando subiamo gol sul 3-0. Il futuro? Mi sono legato al Napoli per tanti anni. Sono venuto nella mia città sia perché sono tifoso di questa squadra fin da ragazzino, sia perché avevo inteso la serietà del progetto. La nazionale? Non ci penso, è Napoli la mia nazionale. Il gruppo? Se non si fa gruppo non si va da nessuna parte, ed il mister è stato bravo a trovare sempre le parole giuste al momento giuste per ognuno di noi, d'altronde la sua qualità migliore è proprio quella di saper gestire il gruppo". Un plebiscito di consenti al tecnico del Napoli è arrivato anche dai colleghi degli altri sport, tutti in attesa della sua firma…
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