IL NAPOLI CANTA PER MEROLA MA NON INCANTA

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La vittoria contro il Bologna di Renzo Ulivieri ha un sapore ancora più dolce delle altre. Si doveva vincere per la città, per quel minuto di raccoglimento fatto prima del fischio d’inizio.

Durante la partita precedente contro il Bari al San Nicola, la società aveva deciso di non effettuare il minuto di silenzio in ricordo di quello che, come citava uno striscione in curva, era e rimarrà “il simbolo della nostra napoletanità”. Non lo hanno fatto a Bari, perché doveva essere fatto al San Paolo. Quel minuto di rispetto non doveva essere un onore per pochi, ma doveva essere un abbraccio da parte della città intera.

E' rispetto è stato.Un minuto interminabile di applausi. Né un coro, né un botto, né un fischio sono riecheggiati in quel minuto allo stadio di  Napoli. Solo applausi.

E spinto da quegli applausi, il Napoli è riuscito ad ottenere una vittoria importantissima contro un Bologna che ha ampiamente dimostrato di essere una degna rivale per l’ambita promozione nella massima serie.E’ un Napoli che però, nonostante la seconda vittoria consecutiva, sembra essere uscita dalla crisi di gioco solo a metà.Ancora una volta la squadra ha dimostrato di dipendere più dalle individualità che da uno sviluppo della manovra di gioco da parte del collettivo.Manovra che per l'ennesima volta si è dimostrata efficacissima in orizzontale ma inconcludente in verticale, tant'è che la vittoria è venuta fuori per il solito guizzo del solista che si è andato a cercare un rigore peraltro “generoso”.

E se da una parte sembra di aver comunque trovato una solidità difensiva con soli otto gol al passivo fino ad ora, è pur vero che quella contro il Bologna era la quarta vittoria per 1-0 sulle cinque complessive del Napoli (cinque su sei se si considera anche la vittoria con il Parma in Coppa Italia). Appena la squadra passa in vantaggio, tira i remi in barca e smette di giocare cercando di amministrare il risultato e non si può continuare sperando nelle fin qui ottime prestazioni di Cannavaro, Domizzi e Maldonado. Qualche volta questo giochino è riuscito, altre volte no, manifestando il malumore (eufemismo per non essere scurrili) del pubblico.

Contro il Bologna, la squadra azzurra qualche passo avanti sul piano della costruzione del gioco lo ha fatto, ma dopo il vantaggio quello che è sceso in campo era un Napoli annichilito, ma non per bravura del Bologna (o almeno non solo) ma anche perché la squadra tira i remi in barca. E la difesa quanto può reggere in questo modo?

È vero che il Napoli lascia pochissimo spazio ai giocatori avversari, ma vederli sempre lì fuori dall’area protetta da Iezzo, non è rassicurante.La settimana scorsa Reja aveva detto ai microfoni che la vittoria per 1-0 è simbolo di solidità. L’appello che lanciamo a mister Eddy Reja è sempre lo stesso. Il tifoso napoletano metterebbe la mano sul fuoco se gli dicessero che da qui in avanti si vinceranno tutte le partite per 1-0, ma il tifoso napoletano è anche il dodicesimo uomo in campo per eccellenza. È proprio lui che il più delle  volte ha fatto la partita spingendo con la sua voce la squadra a lottare e a credere nei propri mezzi.

Ogni sabato è costretto a vivere la partita al cardiopalma, con la speranza di poter portare a casa il risultato, ma con la consapevolezza che tutto può succedere con questa squadra.Difendersi in cinque con i tre centrali più le due ali che già spingono poco quando si sta sullo 0-0, e che non spingono più quando si passa in vantaggio, impedisce al Napoli di applicare una delle più semplici regole del calcio giocato: la squadra in svantaggio per cercare il pareggio si sbilancia in avanti e lascia dei buchi enormi dietro e la squadra azzurra non riesce a sfruttare questi spazi chiudendosi a riccio subendo poi sul piano del gioco gli avversari.

Se da una parte Reja sembra aver assestato alcuni colpi al cerchio, ora bisogna cercare di darne qualcuno alla botte. Lavorare sulla mentalità. Convincere gli undici che scendono in campo che non basta svolgere il proprio compitino, ma che le ripartenze sono fondamentali in un mondo del calcio sempre più veloce. Bisogna correre per 95 minuti. Bisogna correre anche per rientrare nello spogliatoio.

Emblematiche però sono le flebili tracce del mercato partenopeo di questa estate. La formazione azzurra è scesa in campo per nove undicesimi con la squadra che l'anno scorso aveva vinto il campionato di Serie C1. É vero che mister Reja ha dovuto fare a meno dell'indisponibile De Zerbi, buttando nella mischia Capparella ma ha anche rispedito Bucchi in panchina e Dalla Bona addirittura in tribuna.

Sembrano cambiate le gerarchie all'interno dello spogliatoio. Reja non può fare a meno di Calaiò, sempre più uomo partita e simbolo di questa squadra. Anche stavolta l'allenatore lo ha sostituito, ma finalmente lo ha fatto a 4 minuti dalla fine per la meritata standing ovation. Anche capitan Montervino, scontata la squalifica contro il Bari, si è accomodato in panchina lasciando spazio nuovamente ad Amodio che trovando continuità, sta  anche proponendo prestazioni via via migliori dimostrandosi una valida diga a centrocampo.

In fondo… errare è umano, perseverare è diabolico. Sabato prossimo la corazzata azzurra sbarcherà sull’altro lato della penisola a far visita allo stadio Adriatico di Pescara.Un Pescara che non naviga in buone acque con una classifica che la vede occupare il terzultimo posto a 4 punti separata già di sei lunghezze dal Verona e dal gruppone di centro classifica. Ma come ormai siamo abituati, cercherà di fare la partita della vita per ritrovare i tre punti che, se fatti contro la squadra partenopea, guarda caso, oltre a fare il risultato, fanno sempre il doppio del morale.Il Napoli in quel di Pescara è obbligata a dare continuità ai suoi risultati per conservare quello che finora si è conquistato. E con una classifica strettissima che con una vittoria può portarti in cima alla classifica ma che con una sconfitta può portarti al di fuori dei play off, i passi falsi non sono ammessi. Troppe sono le squadre accreditate per quei pochi posti che portano in Serie A. Napoli e il Napoli dovranno dimostrare che uno di quei posti è suo, che combatterà con il coltello tra i denti per tenerselo stretto, e che chiunque proverà a toccarlo, si farà male, perché Napoli ha una voglia matta di volare. Di volare e di cantare proprio come faceva… “il simbolo della nostra Napoletanità”.

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