MAURO BELLUGI, "IL TOSCANACCIO"

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Personaggio "sui generis" per la scanzonata e disincantata ironia con la quale affrontava la professione di calciatore, amatissimo dai compagni per la capacità di fare gruppo e di sdrammatizzare le situazioni anche più contorte, Mauro Bellugi, Toscano nato in provincia di Siena nel 1950, oltre ad essere conosciuto come stopper, implacabile marcatore del centravanti avversario, era famoso anche per le fulminanti battute, che a volte però, gli procuravano qualche inimicizia di troppo.

Benestante di famiglia, sposato alla signora Donatella, donna bella e ricca innamoratissima del marito (tanto da dichiarare un giorno: "se nessuno vuole Mauro, me lo compro io e lo faccio giocare nel giardino di casa mia"), Bellugi arriva ancora ragazzo direttamente alle giovanili dell’Inter che sta vivendo il difficile momento del post Herrera.

Un altro Herrera, meriberto tecnico Uruguaiano Campione d’Italia nel ‘67 con la Juventus, profeta del "movimiento", lo lancia definitivamente in prima squadra nel 1970.

Herrera sarà poi sostituito da Invernizzi che condurrà i nerazzurri ad un clamoroso scudetto vinto con una grossa rimonta sui sempiterni cugini-rivali del Milan.

Rimarrà questo l’unico trofeo conquistato dal simpatico "toscanaccio" nella sua carriera. Bellugi esordisce in Nazionale il 7-10-1972 in Lussemburgo in una gara valida per le qualificazioni alla Coppa del Mondo di Germania 1974. E’ uno degli "eroi" che il 14-11-1973 riescono nell’impresa di violare, per la prima volta nella storia della Nazionale Italiana, il leggendario terreno di Wembley contro i "leoni" inglesi.

Nel 1974 arriva però la mazzata: l’Inter lo cede al Bologna, non per il rendimento insoddisfacente, ma per motivi diciamo così "ambientali". Pare che, la dirigenza interista fosse un po’ stanca delle continue intromissioni di carattere tecnico che era solita esternare la vivace signora Bellugi.

Ma le sue qualità di calciatore non tardano a riemergere. Ridiventa titolare della Nazionale disputando una leggendaria partita contro la fortissima Polonia di allora, nell’ottobre del 1975, affrontando uno dei più temuti attaccanti dell’epoca, quel Szarmach già giustiziere degli Azzurri ai Mondiali del 1974.

La sua eccezionale prestazione gli procurò il soprannome di "leone di Varsavia". Pur non giocando in un club in lotta per lo scudetto, Bellugi continuerà ad essere titolare fisso sino ai Mondiali Argentini del 1978, dove fu uno dei migliori della fortunata spedizione della truppa comandata da Bearzot classificatasi alla fine al 4° posto.

Trentadue le presenze complessive di Bellugi in Nazionale. Dopo il Mondiale, Bellugi incontra impreviste difficoltà nel Bologna, in particolare con il tecnico Perani che spesso e volentieri non lo schiera nell’undici titolare.

A fine stagione, nell’ambito del ritorno di Savoldi a Bologna, Bellugi viene ceduto al Napoli. Mauro affronta l’avventura partenopea con grande entusiasmo, ma complice un’annata disgraziata della "Vinicio Band" e qualche infortunio di troppo (vera croce della sua carriera, tanto da essere il primo italiano ad operarsi all’estero al ginocchio, dall’allora famoso prof. Trillat) Mauro non riesce a rendere al meglio.

Un’altra stagione alla Pistoiese, poi le sue martoriate ginocchie colpite da tanti infortuni, lo convincono ad appendere le scarpette al fatidico chiodo. Terminata la carriera, Bellugi è diventato uno dei commentatori più richiesti da varie televisioni nazionali e locali, forse per le sue valutazioni, a nostro modo di vedere, mai banali o scontate.

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