MORENO FERRARIO, LO STOPPER RIGORISTA

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E’ passato quasi un trentennio da quando Moreno Ferrario ha indossato per la prima volta, a soli diciotto anni, la casacca azzurra del Napoli. E’ stato lo stopper di quella squadra che lottava per non retrocedere. Ma è anche stato lo stopper del primo scudetto del Napoli di Maradona. Undici anni a Napoli, una vita per un calciatore, quasi una bandiera. A Napoli è cresciuto ed è maturato sia calcisticamente che umanamente. Di Napoli ha trascorsi indimenticabili, ha nostalgia, ci ritornerebbe a piedi, come lui stesso ci ha confidato in una lunga intervista:Moreno Ferrario arrivò dal Varese quando aveva appena diciotto anni. Chi fu a portarla a Napoli?"Era la stagione 76-77. Il Napoli di allora trattava con quattro calciatori del Varese. Alla fine Ferlaino negò l’assenso per Manueli, Sogliano e Moroso. Così, della mia ex squadra mi ritrovai a Napoli soltanto io. Più che Ferlaino, fu il dirigente sportivo Janic a volermi a tutti i costi a Napoli".Nelle stagioni ‘82-‘83 e ‘83-‘84 lei era il rigorista prescelto della squadra. Erano anni particolari quelli, si lottava per non retrocedere. Ogni rigore poteva essere decisivo nella lotta per la salvezza. Sentiva il peso di tale responsabilità? E che emozioni provava quando calciava dagli undici metri? "Erano già trascorsi cinque anni di militanza nelle file partenopee, e quindi ero perfettamente integrato in quella società e in quella che era la realtà di allora. Caratterialmente sono sempre stato un tipo da non lasciarsi impressionare. E’ chiaro, quando calci dagli undici metri c’è sempre un po’ di tensione, ma in linea di massima ero sempre abbastanza sereno e tranquillo. Ero consapevole che l’errore ci può sempre essere, come nella vita. Così come ero consapevole di dare una soddisfazione a tutta la squadra nel momento in cui facevo goal". L’immagine più bella di Ferrario è legata a quel goal che segnò a Torino contro la Juventus. Era il 9/11/86, segnò il goal del momentaneo pareggio. Poi sappiamo tutti quella partita come finì… "Ho un ricordo particolare di quella partita, una sensazione che non avevo mai provato prima. In serie A ho segnato otto goal, ma quello fu il primo su azione. Era uno scontro diretto, loro erano sull’ 1-0 a venticinque minuti dalla fine. Segnai il goal dell’1-1 portandomi in avanti, cosa che non avevo mai fatto prima. Poi Giordano segnò dopo un minuto, alla fine vincemmo 3-1 a Torino, rimanemmo soli in testa alla classifica. Quella fu la consapevolezza che da quel momento in poi avremmo potuto lottare per lo scudetto fino alla fine".Nella nazionale Under 21 ha collezionato molte presenze, ma non è mai stato convocato nella nazionale maggiore. Quale era la causa di questa sua non convocazione, esistevano motivi di geopolitica?"A quel tempo la Nazionale era un’aspirazione per tutti, molto più di oggi. Era considerata un punto di arrivo per ogni calciatore. Purtroppo, però, in quegli anni si tendeva sempre a preferire calciatori che militassero in squadre in lotta per qualche competizione. Il fatto stesso che nemmeno Bruscolotti sia mai stato convocato in Nazionale la dice lunga. Vado oltr! Sono convinto che nella Nazionale di oggi, il Bruscolotti di allora avrebbe collezionato sicuramente un record di presenze". Nonostante il suo comportamento sia stato sempre esemplare, dentro e fuori dal campo, nell’ 88 lei è stato accusato di aver remato contro la società. Era solo uno stratagemma della società per scaricarla e non rinnovarle il contratto o c’è dell’altro?"Non era assolutamente un problema legato al rinnovo. Il mio contratto sarebbe dovuto terminare alla fine dell’anno dopo. La società decise che quattro calciatori a prescindere da tutto dovevano essere ceduti. Si trattava con altri calciatori. Ci può stare che magari un calciatore non rientri più nei piani di una società, basta discuterne in maniera civile e trattare. Invece il Napoli di allora trovò lo stratagemma del famoso comunicato contro l’allenatore. Oltre me lasciarono Napoli anche Bagni, che dopo Maradona era il non plus ultra, Garella, che nonostante il suo faccione odioso e antipatico era un buon portiere e Giordano, che a Napoli era un fenomeno. Non nascondo che per questa situazione il Napoli ha ricevuto da parte mia una vertenza tramite l’avvocato Canovi. E ci ha rimesso anche dei soldi".Il Napoli di allora ha ottenuto il massimo o avrebbe potuto vincere molto di più?"Penso che all’inizio la società abbia capito come vincere lo scudetto. Il presidente Ferlaino si è accerchiato di uno staff di primo livello. C’era il commendatore Allodi, che era una persona straordinaria, il D.S. Marino e un allenatore, Bianchi, che era bravo a tenere alto il morale della squadra e a non deprimersi nei momenti di difficoltà. In campo c’era il più bravo e un buon contorno di calciatori intorno a lui. Poi però credo che la società non abbia sfruttato al meglio tutto il potenziale a disposizione, un potenziale che all’epoca non era rappresentato né dagli sponsor, né dalle televisioni, ma solo dalla gente che seguiva il Napoli. E raramente ricordo un San Paolo non gremito al limite della capienza. Si sarebbe dovuto vincere molto di più, la società è rimasta appagata troppo presto".Dopo l’esperienza di Napoli, come giudica i suoi trascorsi a Roma e Avellino?"Di Roma e Avellino non ricordo esperienze particolarmente esaltanti, anzi, ho dei ricordi abbastanza negativi. Soprattutto a Roma, non sono riuscito a giocare molto e ad allenarmi per via di guai fisici. Con la società c’era un ottimo rapporto, furono il presidente Viola e Liedholm a volermi, ma in quella società c’era poca gente ad aver veramente voglia di fare calcio.Ad Avellino le cose andarono discretamente meglio, anche perché ero ritornato in Campania ed avevo ritrovato Pierpaolo Marino. Niente comunque in confronto agli anni trascorsi a Napoli. Poi a Siena trovai la mia pace". Dopo aver calpestato l’erba di tantissimi campi, oggi lei fa l’allenatore. Come si trova in questo nuovo ruolo?"Benissimo. Per me questo è un divertimento rispetto a quando ero un calciatore. Alleno la squadra del Verbania che milita nella categoria Eccellenza del Piemonte. Certo, è tutto più difficile. Io che ho giocato da professionista, devo confrontarmi con un ambiente di dilettanti. Facciamo allenamento di sera perché di giorno i ragazzi lavorano. Sono contentissimo perché comunque sono riuscito a creare un gruppo. Cerco di trasmettere loro le stesse emozioni che a noi trasmetteva Marchesi".Ha avuto occasione di seguire ultimamente il Napoli? Che futuro può avere questa società?"Come tutti sappiamo, quest’anno il Napoli ha avuto problemi all’inizio. Sinceramente credevo e speravo che si potesse lottare per la promozione diretta. Comunque sia, la squadra attuale ha tutte le potenzialità per risalire in serie B. Bisogna sperare che l’Avellino vinca il campionato per evitare lo scontro diretto. Sarebbe più agevole incontrare il Rimini nei play off. Non dimentichiamo che anche l’Avellino ha un passato in serie A niente male."Ha qualche ricordo o aneddoto particolare che la lega a Pierpaolo Marino? "E’ un po’ di tempo che io e Pierpaolo non ci sentiamo. Più che aneddoti, tra me e Pierpaolo c’è sempre stato un rapporto particolare che andava al di la dell’ordinario. Da parte mia c’è sempre stata una grandissima amicizia. Molte volte mi capitava di andare a casa sua e si parlava anche di fatti che con il calcio non avevano niente a che vedere".Marino sta pensando di riportare qualche ex nei quadri del Napoli. Lei pensa che per Ferrario ci possa essere spazio nel Napoli del futuro?"E’ evidente che la mia speranza è sempre quella. A Napoli ho trascorso la mia gioventù e l’inizio della crescita dell’uomo. Undici anni giocati a Napoli, in quel Napoli, non si possono dimenticare. Se ricevessi una telefonata, accetterei senza pensarci nemmeno un secondo, ma non forzo la mano. Se dovesse succedere ben venga. Sono sempre a disposizione del Napoli e di Napoli. Quando giornalisti napoletani mi cercano, sono contentissimo".

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