NEREO ROCCO, IL "PARON"

Tra gli "ex" del Napoli e del Padova che si affronteranno Domenica sera al S. Paolo, vogliamo ricordare uno dei più grandi interpetri che in senso assoluto abbia avuto il calcio italiano: Nereo Rocco.Nato a Trieste il 20 maggio 1912, ha cominciato a tirar calci ad un pallone nelle squadre giovanili della "sua" Triestina, fino al debutto in prima squadra. Vittorio Pozzo, il leggendario tecnico vincitore di due mondiali, gli concede l’ onore di indossare la maglia azzurra in occasione di Italia – Grecia terminata 4 -0, gara di qualificazione ai Mondiali italiani del 1934, poi vinti dalla nostra Nazionale. Rimarrà però l’ unica presenza di Rocco con la maglia dell’ Italia.Nel 1937, Achille Lauro da poco divenuto Presidente, decide di acquistarlo insieme a Milan, Prato ed al sud -americano Riccardi, nel tentativo d’ inserire il Napoli nel ristretto novero delle "grandi"I risultati non sono però pari alle attese malgrado il buon contributo di Rocco, che realizzò 7 gol in 82 partite. Mezzala dal piede un pò ruvido ma di grande temperamento, Rocco in 274 partite giocate nel massimo campionato, mette a segno ben 82 reti.Nel 1940 Rocco risale la penisola acquistato dal Padova, dove disputa due campionati con la squadra biancoscudata in serie BTerminata la guerra gli viene offerta la panchina della Triestina, in una situazione politicamente non facile, vista la presenza degli anglo -americani nella zona "A" del territorio libero.E’ qui che Rocco raggiunge il primo importante traguardo della sua fantastica carriera da "trainer", arrivando a piazzare ( pur con 16 punti di distacco) i rossoalabardati al 2° posto dietro al "grande Torino", in compagnia del Milan e della Juventus. Impresa ancora più rilevante considerando che l’ anno prima solo un provvidenziale ripescaggio deciso a causa dell’ incerto futuro della città, salvo i giugliani da una retrocessione decisa dal campo.La sua popolarità in città cresce di giorno in giorno, tanto che nel 1949 viene persino eletto come consigliere comunale.Dopo una parentesi a Treviso, seguita da un fugace ritorno a Trieste, nel 1954 riecco Rocco fare tappa in una città già conosciuta da giocatore: il Padova.Immediatamente conduce i biancoscudati al ritorno in serie A, e una volta nella massima serie, inizia la favola del Padova imbattibile fra le mura amiche del vecchio "Appiani", tanto che spesso e volentieri anche squadroni come Milan, Inter e Juventus lasciano le "penne" nel "catino" dei ragazzi di Rocco.Si è discusso a lungo e si continua a farlo, se sia stato Gipo Viani con la Salernitana o Nereo Rocco con il Padova di Blason, Scagnellato ed Hamrin, ad attuare per primo in Italia la tattica del "catenaccio"; sicuramente però, il primo vero libero che si è visto sui nostri campi, è stato Ivano Blason, che con il Padova era l’ ultimo baluardo della difesa. Per la verità, va ricordato che Rocco amava applicare questo sistema di gioco non perchè fosse un difensivista convinto, ma per sopperire alle deficienze tecniche dei suoi rispetto a squadre più titolate.Sia come sia i risultati furono subito evidenti agli occhi di tutti: nel 1958 addirittura il Padova si piazzò 3°, e Gianni Brera ha sempre asserito con ferma convinzione, che solo il "Palazzo" aveva impedito ai veneti di conquistare lo scudetto al posto della Juventus di Charles e Sivori.Nel 1960 in occasione delle Olimpiadi romane, Gipo Viani ( il mitico "sceriffo" del calcio italiano ) lo vuole accanto a sè nella conduzione della Nazionale di calcio ( quella con Rivera, Bulgarelli e Trapattoni), piazzatosi solo al 4° posto causa un infelice sorteggio con la monetina in semifinale. Sempre Viani l’ anno seguente, promosso Direttore sportivo del Milan, lo chiama a sedere sulla prestigiosa panchina rossonera: Rocco vince subito lo scudetto ( 1961 -’62), e di seguito vince anche ( prima volta di un club italiano) la Coppa dei Campioni, sconfiggendo grazie ad una doppietta di Josè Altafini il Benefica di Eusebio a Londra, il 22 maggio 1963.Ma tutto ciò non basta per convincere Rocco a rimanere a Milano, stanco delle continue intromissioni nelle sue scelte effettuate da Gipo Viani, e nonostante il Presidente Rizzoli gli offra un contratto economicamente ben più sostanzioso, decide di mantenere la parola data qualche tempo addietro al Presidente Orfeo Pianelli del Torino, benchè fra i due esista solo un contratto verbale e non scritto. Altri tempi…Dopo innumerevoli stagioni buie dopo Superga, con lui il "Toro" si piazza al 3° posto nel 1964 -’65, ma dopo quattro stagioni trascorse all’ ombra della "Mole", la voglia di tornare al Milan si fa troppo forte, e così nel 1967 rieccolo, accolto con tutti gli onori, sedere nuovamente sulla panchina rossonera. In tre anni vincerà tutto il possibile.Nel 1968 vince lo scudetto ( il Napoli giunto 2° terminerà ad 11 punti) e la Coppa delle Coppe, smentendo ( ora che ne ha le possibilità) la fama di allenatore catenacciaro, arrivando a schierare contemporeaneamente Hamrin, Prati e Sormani, con Gianni Rivera in veste di rifinitore.Nel 1969 giunge l’ ora della seconda Coppa dei Campioni, con l’ avversario di turno, l’ Ajax del "papero d’ oro" Johaan Cruyff surclassato per 4 -1 nella finale di Madrid. In ottobre vince anche la Coppa Intercontinentale superando indenne le terribili provocazioni degli argentini dell’ Estudiantes in quel di Buenos Aires. Resta alla guida del Milan sino al febbraio 1974, conquistando anche due Coppe Italia ( ’72 e ’73), portando però in sè il rammarico di non vincere lo scudetto della stella sfiorato più volte ( giungerà 2° per ben tre volte ).Nel 1975 allena la giovane Fiorentina di Giancarlo Antognoni, ma nel 1976 fa il terzo ritorno al Milan in veste di Direttore tecnico con Trapattoni allenatore, carica che manterrà sino alla sua morte giunta in seguito ad una broncopolmonite il 20 febbraio 1979.Ancora oggi viene ricordato con grande affetto da tutti i suoi allievi, in special modo per l’ estrema semplicità ed umiltà sempre dimostrata nel corso della sua vita di allenatore ed uomo dall’ indimenticabile " Paròn".

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