TUTTI AL TAR

Tutti al Tar, appassionatamente. La Camera Arbitrale del Coni, come prevedibile, decide di lavarsene le mani, accogliendo soltanto uno dei ventidue ricorsi rimasti in piedi. La Fermana può star tranquilla di giocare il suo prossimo campionato di C1. Lo aveva preannunciato Mario Macalli, presidente della Lega di C, al termine del Consiglio Federale del 15 luglio, impreziosito dall’irruzione del presidente dei marchigiani e consigliere di Lega, Giacomo Battaglioni, che aveva tuonato: "Denuncio l’Enpals". Un ente che poteva comunicare l’effettiva regolarità dei conti soltanto il 13 luglio, il giorno successivo al termine fissato per presentare ricorsi alla Coavisoc. Poche sorprese da Roma, ma era nell’aria. Rigettati senza troppo discutere i ricorsi delle squadre di D, che per il loro stato di semi-professioniste non potevano portare in giudizio squadre di campionati professionistici. Di tutte le squadre di C ricorrenti, come detto si è salvata la sola Fermana. Le altre escluse, non avendo prodotto documenti nuovi o rilevanti rispetto a quelli allegati al ricorso presentato alla Coavisoc, sono state ulteriormente respinte. Benevento, Gela, Rosetana, Spal e Torres contano molto sulla giustizia amministrativa. Sarebbero state rassicurate di vincere la causa al Tar del Lazio se dimostreranno di aver sistemato i conti, anche se fuori tempo massimo. Il principio della perentorietà dei termini è stato calpestato dalla stessa Coavisoc, che ha dato il via libera a molti club inadempienti al 30 giugno. Il principio del rispetto dei termini perentori, tuttavia, potrebbe essere nuovamente sancito dal Consiglio di Stato. A sostegno di questa ipotesi c’è un bel po’ di giurisprudenza che non lascerebbe scampo alle società bocciate dal Coni. Peggio di tutti sta il Perugia, che a tutt’oggi deve ancora far quadrare i conti. Il Torino non se la passa meglio, ed è finito coinvolto in parecchie brutte storie. La Salernitana sta portando avanti la sua battaglia legale sull’interpretazione del comunicato ufficiale 189/A, il documento che regola l’ammissione ai prossimi campionati. Il presidente Aliberti è convinto che il contenzioso del suo club nei confronti dell’Erario va letto come "lite non temeraria". La giustizia sportiva, in mancanza di un accordo tra le parti sottoscritto al 30 giugno, ha dimostrato di pensarla in maniera diversa. L’accordo l’ha trovato il Messina, ma fuori tempo massimo: solo il 13 luglio patron Franza ha sottoscritto con gli enti della Regione Sicilia una serie di accordi per dilazionare i debiti. Tuttavia, l’Agenzia delle entrate ha in mano soltanto una lettera di informazione dell’Assessorato regionale al Bilancio. Troppo poco per dichiarare il Messina una società in regola. Per certi versi, la situazione del club peloritano è drammatica: incalzata dai legali del Bologna (che in caso di parere sfavorevole del Tar contano di avere ragione davanti al Consiglio di Stato sulla perentorietà dei termini), la società siciliana una volta esclusa dalla serie A sarebbe costretta a ripartire dai dilettanti, non avendo i requisiti per usufruire del Lodo Petrucci. I cui termini, giova ricordarlo, sono scaduti. Le domande presentate da Torino, Perugia, Salernitana, Benevento, Fidelis Andria, Gela, Reggiana, Spal e Venezia saranno valutate nei prossimi giorni da un’apposita commissione, composta dai consiglieri federali Galliani, Macalli, e Grosso e dall’avvocato Giancarlo Gentile. Le domande bocciate perché irregolari o incomplete taglieranno fuori dal calcio professionistico le rispettive città di appartenenza. Questione-Napoli. La CCA Coni non è entrato nel merito. Ha dichiarato inammissibili i ricorsi "per difetto della legittimazione ad agire in capo alle società istanti e per carenza di interesse ad agire". In sostanza, la Commissione ha convenuto che il Napoli, quarto nella graduatoria dei ripescaggi, non avrebbe tratto alcun beneficio dall’esclusione della singola società, e poiché le udienze sono state separate, ogni dispositivo ha considerato il singolo caso e non tutti i sette in questione. La battaglia prosegue, ed agli avvocati Edoardo Chiacchio, Michele Cozzone, Monica Fiorilli e Nicola Iannucci, affiancati dal giuslavoralista dello Studio Pessi, Maurizio Santoni, si sono aggiunti due amministrativisti scelti da Aurelio De Laurentiis. Si tratta di Filippo Lubrano e Paolo Minervini, professionisti di provato valore. La società li ha nominati un giorno prima del pronunciamento del Coni, segno che erano ben poche le speranze di vedersi riconosciute le proprie ragioni davanti all’organo supremo della giustizia sportiva. Al Tar del Lazio il Napoli conta di presentare prove ben più consistenti. De Laurentiis ha chiesto al ministro del Welfare, Roberto Maroni, di entrare in possesso dei dati ufficiali dell’Inail. La richiesta, per essere accolta, dovrà essere inoltrata dai giudici della III sezione. Il primo passo della strategia legale del Napoli fa già registrare un sostanziale successo: da più parti l’Inail è stato riconosciuto come ente previdenziale, e come tale parametro da regolarizzare entro i termini perentori per essere iscritti al prossimo campionato. Il passo successivo – e a questo punto decisivo – sarà quello di riuscire a dimostrare l’effettiva inadempienza dei sette club portati in giudizio. Anche perché il Tar del Lazio si comporta diversamente dalla CCA Coni. Lo scorso anno, a settembre, escluse il Viterbo Calcio dal girone B di C2 per effetto di un ricorso che il Palazzolo aveva presentato ad agosto, senza ritirarlo nonostante, nel frattempo, fosse stato ripescato e iscritto nel girone A di C2: il Tribunale Amministrativo della Regione Lazio escluse la società corregionale avallando un ricorso per certi versi molto simile nella forma a quello che il Napoli si è visto rigettare dal Coni. E al Tar il Napoli non sarà solo: al suo fianco, "ad adiuvandum" si costituiranno sia il Comune di Napoli che, molto probabilmente, il Ministero del Welfare. Da chiarire la posizione della Curatela fallimentare, che da tutta questa vicenda potrebbe uscire meglio di tutti: se il Napoli verrà ripescato in B, De Laurentiis dovrà versare ai creditori della SSC Napoli altri 15 milioni di euro. Intanto, attorno a quello dei ricorsi si accendono e si spengono piccoli focolai che se non altro rischiano di ridicolizzare i controlli effettuati dalla Covisoc, finora passata come Commissione ligia al suo dovere. Il sottosegretario all’Economia, Daniele Molgora, ha interpellato il cervellone dell’Agenzia delle entrate su due società campione, il Genoa e la Reggina, scoprendo che entrambe risultano inadempienti. Genoa e Reggina non hanno pagato l’ultima rata del condono, scaduto il 31 gennaio scorso. Dovevano versare a testa 3 milioni di euro. Non l’hanno fatto. Come tali, non erano iscrivibili al campionato. Molgora si è detto preoccupato: se due controlli-campione hanno prodotto questi esiti, qual è il reale scenario del calcio italiano? Se lo chiede anche l’opinione pubblica, che attende la sentenza della Commissione Disciplinare sul caso Genoa-Venezia. Giudici riuniti in camera di consiglio da più giorni, verdetto che tarda ad arrivare. Il Procuratore federale, nelle richieste, ha usato il pugno di ferro: serie C1 per il Genoa, squalifica per quattro anni per Enrico Preziosi e Franco Dal Cin. Se verrà accertata la responsabilità diretta (e cioè se Preziosi e Dal Cin verranno dichiarati colpevoli di un consumato illecito), il Grifone precipiterà nello stesso inferno dal quale potrebbe uscire il Napoli anche senza colpo (di carta bollata) ferire.

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