IL CONTORTO SPORTIVO

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Lo aspettavamo al varco, il caro Tosel. Neanche a farlo apposta l’ultima di campionato è stata teatro di un bel catino di infrazioni, da far impallidire il già bianco yogurt lanciato dai distinti del San Paolo. Petardi, fumogeni, addirittura accoltellamenti, e giusto per essere precisi c’è scappata anche qualche bottiglietta. Le sentenze? Multe multe multe, scappellotti di un genitore bonario sulla testa di un figlio turbolento. Il castigo è toccato solo al Napoli, a letto senza cena, rinchiuso a doppia mandata nella propria stanza senza poter vedere gli amici. Vale a dire i tifosi allo stadio, of course. 

Adesso però non ci si venga a dire che non c’è squilibrio, non ci raccontate che i tifosi azzurri non hanno subito l’ingiustizia del secolo. Citerò le testuali parole delle motivazioni del giudice, giusto per non passare per visionario. Sabato sera il Napoli gioca al San Siro contro l’Inter, la prossima trasferta sarà invece all’Olimpico con la Roma. I “tranquilli” tifosi della Beneamata hanno solamente lanciato “nel settore avversario un petardo che, esplodendo, cagionava un lieve malore ad uno steward”. Certo, un lieve malore ad un inserviente non è propriamente una “forte sensazione dolorifica” per l’assistente dell’arbitro, lui sì che è intoccabile. Come se non bastasse, un “altro petardo sul terreno di giuoco”, e per chiudere in bellezza “complessivamente una ventina di bottigliette nel settore avversario”. Ma i supporters della squadra nemica non sono certo guardalinee. La Roma, dal canto suo, ha fatto lo stesso, fumogeno più bottigliette ai tifosi. Stadi chiusi? Squadre penalizzate come quella partenopea, peraltro con il casuale contrappasso che siano proprio gli azzurri ad avvalersi dello svantaggio? Neanche per sogno! Migliaia di euro di sanzione, e nulla più. E omettiamo consapevolmente il fatto che all’esterno dell’impianto c’è stata guerriglia con tanto di coltellate, perché abbiamo capito che si entra nell’ambito della giustizia ordinaria. Però, consentitemi, anche questa norma qui suona stupidissima come molte altre: i tifosi all’esterno dello stadio c’erano forse per comprare le caramelle? Assodata l’assurda regola della responsabilità oggettiva, non si può fare una distinzione fra fuori o dentro, chi si macchia di atti di violenza sono sempre le stesse persone, quelle che lanciano petardi, fumogeni, yogurt e bottigline, dove si trovano al momento dell’atto importa veramente poco.

Ma tant’è, la partita col Genoa non la restituirà più nessuno, ai tifosi del Napoli. E se la prassi fosse questa, potrebbe anche essere giusto così. Non dimentichiamo che un oggetto lanciato dagli spalti è pur sempre un atto deplorevole, da censurare come gli atti di violenza. Quello che fa male, ancora una volta, è constatare che ci sia stato un diverso modo di giudicare due situazioni identiche, e il tarlo che non riesce a lasciare la mente di molti napoletani è che più che una macchinazione politica o una “giustizia ingiusta” ci sia dietro soltanto una buona dose di razzismo. E a questo proposito lancio una provocazione, magari anche sgradevole, ma che va ad avvalorare questa tesi. Circa un anno fa, a Catania, estremo Sud, si verificò un atto quanto mai barbaro che causò la morte del povero ispettore Raciti. In quel caso la sacrosanta punizione fu la squalifica del “Massimino” per un periodo infinito. La domanda è questa: quella tragica e immotivata guerriglia non accadde anch’essa all’esterno dello stadio?

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